L’avvenimento cardine, che mutò la prospettiva storica e culturale della Georgia caucasica fu la sua conversione al cristianesimo, proclamata religione di Stato nella prima metà del IV secolo, dal re Mirian III, in seguito all’opera dell’evangelizzatrice Santa Nino di Cappadocia. Nel VI secolo si sviluppò il monachesimo e nei secoli successivi furono fondati, sia in Georgia sia all’estero, numerosi cenobi, divenuti subito non soltanto luoghi di preghiera, ma veri e propri crogioli di produzione letteraria e culturale.

All’inizio del secondo millennio la Georgia, grazie all’opera dei re David IV il Ricostruttore (1089-1125) e Giorgi III (1156-84), nonché della sovrana Tamar (1184-1213), diventò uno stato forte e indipendente, in cui le lettere e le arti conobbero un eccezionale sviluppo. La concezione del mondo venne superata da una visione più civile, più laica, più terrena dell’operare umano. Questa nuova Weltanschauung è stata magnificamente espressa nel poema epico Il Cavaliere dalla pelle di leopardo di Shota Rustaveli (1160-1210?). L’autore pone il motivo della ricerca a fondamento del suo epos, riallacciandosi in questo modo ad avventure, gesta, eroi che irrigano opere di molte altre letterature e proprio collocandolo in un tale contesto il poema acquista tutto il suo valore universale.

LA REGINA TAMAR in politica e Rustaveli in letteratura riaffermano il valore del cristianesimo per la Georgia, ma al contempo ne limitano il carattere totalizzante medievale, ponendo l’uomo, con le sue capacità, sofferenze e gioie al centro del mondo. Essi operano così una netta distinzione tra potere temporale e potere spirituale, facendo della Georgia un paese sempre più lontano dall’Oriente e proprio per questo più legato all’Europa. Questa vocazione europea della Georgia si sarebbe irrobustita nei secoli, durante la lunga lotta per la sopravvivenza fisica e spirituale contro le invasioni dei mongoli prima e poi dei potenti musulmani confinanti: la Persia e l’impero ottomano. Per salvare il proprio paese da un imminente pericolo di scomparire, nel 1783 il re Erekle II (1744-98) concluse con il correligionario impero russo un trattato di amicizia e protettorato. Nel 1801, però, lo zar Paolo I (1796-1801), trasformò il protettorato in annessione della Georgia all’impero russo, segnando profondamente il destino del paese caucasico.

LA LETTERATURA GEORGIANA è ricca di scrittori importanti. Ricordiamo qui il poeta romantico Nikoloz Baratashvili (1817-45), nei cui versi percepiamo, secondo le parole di Boris Pasternak, “note di pessimismo, motivi di solitudine, sentimenti di dolore universale”. Straordinario è il suo concetto di natura, nella quale ogni «essere inanimato e incorporeo ha un linguaggio segreto / e il suo significato è più vivo di ogni altro linguaggio». Avvertiamo quasi un rimbombo delle parole di Leopardi (per altro coevo di Baratashvili), scritte nello Zibaldone.
Potente, quasi scespiriano è il verso di Vazha-Pshavela (1861-1915), i cui poemetti, racconti e poesie sono calati nelle tradizioni pagane delle sue montagne nella Georgia settentrionale, tradizioni che ancora nell’Ottocento dominavano le comunità degli abitanti di Pshavi e Khevsureti.
Quando nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale e in Russia la situazione economica divenne insopportabile, molti avanguardisti russi se la filarono in Georgia, dove regnava la pace e abbondava il cibo.

APPENA ARRIVATI a Tbilisi, gli innovatori russi si diedero a fondare gruppi artistico-letterari, a organizzare riviste, a promuovere dibattiti, trovando una proficua sintonia con i poeti, i romanzieri, i pittori, gli attori e gli intellettuali georgiani, in primo luogo con Grigol Robakidze (1880-1962), Titsian Tabidze (1895-1937), Paolo Iashvili (1892-1937) e altri, raccolti nel gruppo avanguardista I corni azzurri.
Nel febbraio del 1921 l’Armata Rossa occupò la Georgia che nel 1918, caduto lo zarismo, era divenuta una Repubblica indipendente, retta da un governo socialdemocratico, liberamente eletto. Le avanguardie artistico-letterarie furono disperse e nel 1934 fu imposto il realismo socialista quale metodo e dottrina della nuova letteratura socialista. Negli anni Trenta del Novecento, gli anni della grande repressione, Stalin, per dimostrarsi equanime, non ebbe pietà dei suoi connazionali e centinaia di intellettuali, oltre a migliaia di comuni cittadini, finirono nei lager o fucilati.

PUR SOTTO LA COLTRE ufficiale del realismo socialista, la Georgia ha saputo allevare scrittori, le cui opere sono degli autentici capolavori. Rammentiamo qui, tra i più insigni, i poeti Galaktion Tabidze (1891-1959), Giorgi Leonidze (1899-1966), Ioseb Grishashvili (1889-1965) e i prosatori Konstantine Gamsakhurdia (1891-1975), Mikheil Javakhishvili (1880-1937) e Niko Lortkipanidze (1880-1944).
Dopo la morte di Stalin nel 1953, la letteratura georgiana si arricchì di nomi nuovi. I versi di Ana Kalandaze (1924-2008), contraddistinti da un linguaggio raffinato, di Mukhran Machavariani (1929-2010), intrisi di una criptocritica al regime o di Shota Nishnianidze (1929-99), carichi di metafore, diedero nuova linfa vitale alla poesia georgiana. Di pari passo i romanzi di Otar Chiladze (1933-2009) Per la strada un uomo camminava (1973) e Chiunque mi troverà (1976), i cui intrecci sono incentrati nel diritto-dovere che ha ognuno di noi di combattere il potere per conquistare la libertà, così il romanzo Data Tutashkhia (1975) di Chabua Amirejibi (1921-2013), in cui i gendarmi, alla caccia di un bandito, corrompono, rapinano, arrestano, mostrandosi peggiori del malvivente stesso, sono solo alcune testimonianze della felice strada intrapresa dalla letteratura georgiana al tramonto del socialismo.

LA REPUBBLICA di Georgia era una delle quindici repubbliche che costituivano l’Unione Sovietica e comprendeva al suo interno le Repubbliche Autonome di Abcasia e di Achara, nonché la Regione Autonoma dell’Ossezia del Sud. Nel 1991, di fronte al disgregarsi del sistema socialista, la Georgia proclamò la propria indipendenza. Ben presto l’Abcasia e l’Ossezia del Sud, in dispregio al dettato costituzionale, proclamarono la loro indipendenza da Tbilisi. Scoppiò un devastante scontro armato e la Russia si schierò con le due regioni secessioniste, inviando armi e soprattutto molti «volontari» (l’escamotage sarebbe stato ripetuto da Mosca di lì a qualche anno in Crimea e in Ucraina). Le truppe georgiane, di fronte alla potenza di fuoco delle milizie insorte dovettero ritirarsi, seguite da circa 300 mila profughi georgiani, costretti a fuggire.
Pur in una Tbilisi messa a dura prova dalla guerra civile e dalla crisi economica, i giovani letterati organizzavano mostre fotografiche e di pittura, letture di poesie e fondavano club letterari, a cominciare dal «Club reattivo» dei poeti Kote Kubaneishvili (n. 1951) e Irakli Charkviani (1961-2006), in cui potevano far mostra delle loro più assurde provocazioni. Persino il Teatro classico Rustaveli aprì le porte allo sperimentalismo, permettendo che fosse messa in scena la satira di Lasha Tabukashvili (n. 1950) Il giacinto è bagnato, ebbè? Lo scrittore Dato Barbakadze (n. 1966) pubblicò il testo L’amore dei tormentati (1993) in cui desacralizzava il capolavoro del 1918 di Vasil Barnovi (1856-1934) L’amore tormentato.

GLI ATTI FISIOLOGICI e incestuosi nei romanzi The Simpsons (2001) e Lettera alla mamma (2002) di Zaza Burchuladze (n. 1973) indignarono il pubblico, ma la giovane generazione di critici plaudì alla loro funzione liberatoria nei confronti del retaggio socialrealista. Pure il racconto Il primo russo (2001) di Lasha Bugadze (n. 1977), una sorta di parodia del primo matrimonio della santa regina Tamar, suscitò grande scandalo in ambienti ecclesiastici e laici. Al fallito dirottamento aereo nel 1983 da parte di un gruppo di giovani georgiani che intendevano raggiungere un paese capitalista e alle sue tragiche conseguenze sono stati dedicati alcuni romanzi: Amargi (2000) di Nestan Kvinikadze (n. 1980) e La generazione dei jeans (2008) di Dato Turashvili (n. 1966), divenuto un autentico bestseller.
Tra i romanzi più notevoli per lingua e stile narrativo va menzionato I cani della via Paliashvili (1995) di Aka Morchiladze, pseudonimo di Giorgi Akhvlediani (n. 1966). Vanno rammentati anche i suoi romanzi di fantascienza, sempre molto allusivi, Santa Esperanza (2004) e La cintura del confidente (2008). Tra gli esponenti della generazione più giovane si distinguono per l’introspezione psicologica i racconti di Mariana Nanobashvili (n.1971). Nel 2018 l’editore Stilo ha presentato al lettore italiano i racconti La città nella neve del promettente scrittore Beka Kurkhuli (n. 1974).