Ok, questo governo ha fatto il «Decreto Clima». Sarebbe da chiamare «Decreto Lima», visto che di tutte le istanze conclamate sono state sopite, abbassate, limate.
Comprensibile, visto che l’attenzione è su come evitare innalzamenti delle tasse generaliste, tenere a bada la gente che ti vuole mordere, dare un pochino di fiato alla maledettissima «parte produttiva del paese» (nord est e nord ovest), sempre con l’obiettivo di levare acqua alla carpa Carpini, insomma quello che perde potere ubriacandosi in spiaggia e poi piagnucolando da Vespa e in giro.

Per i biciclettari la novità importante c’è, nel «Decreto Lima»: per la prima volta in assoluto si stabilisce che se ti vuoi togliere dai piedi un mezzo a motore hai una strada sola: non sostituirlo con un altro.

Nella generale timidezza di questo paese ancora incatenato alla moderazione e alla timidezza, dobbiamo riconoscere che questo è un atto significativo. Non certo da cuori di leone, ma comunque significativo. E’ stato piacevole, nostro modo di interpretare il mondo, sentire sul canale radio più calibrato e soporifero che ci sia, Radio 1, il rappresentante dell’associazione nazionale della filiera automobilistica lamentarsi perché le misure contenute nel decreto lima consentono di rottamare auto o moto, sì, ma senza sostituzione con mezzi simili: solo con abbonamenti a mezzi pubblici o acquisto di bici, normali o elettriche. Insomma soffrono perché non venderanno. E’ la prima volta in Italia, e tutti ne siamo contenti, anche la Fiab, che sta intestandosi il «successo», anche se è una costruzione collettiva con le realtà di base.

Bella questa pacca sulle spalle. E le istanze serie? I sussidi dannosi ambientalmente? Immoti, immarcescibili. Nulla si tocca delle fonti fossili, nulla sui derivati del petrolio. Citiamo i ragazzini dei Fridays for Future Italia, i più freschi intervenuti nella categoria prendiamoli per il culo: «Alcune bozze circolate nei giorni scorsi avevano fatto ben sperare: si parlava di taglio ai sussidi ai combustibili fossili, di un Comitato Interministeriale sui Cambiamenti Climatici, di un Cipe verde per ingenti investimenti pubblici. Ebbene, per ora non ce n’è nessuna traccia: il primo è stato rinviato alla prossima Manovra di Bilancio; gli altri due sono spariti».
Si può capire la difficoltà di affrontare argomenti epocali con risorse limitate. Ma esattamente questo è il punto: perché sono limitate? Tolte le spese per servizi essenziali (sanità – compreso il soccorso pubblico emergenziale – pensioni – la giusta vecchiaia – istruzione -il buon futuro – trasporto pubblico -il necessario servizio allo spostamento personale) dove altro si piazzano i soldi della fiscalità generale? Populismo, si dirà. Qualunquismo, direbbero i Calenda et similia.

Sarà: registriamo un passo in avanti sul lato «rottamazione», ché non si era mai visto davvero un sistema che incentivasse la sostituzione del mezzo stimato come dannoso con un altro della stessa natura, e anzi incentivasse per prima cosa l’abbonamento al trasporto pubblico locale; e pure l’acquisto di bici, normali o elettrificate. Ma: il complesso del decreto lima è monco dei pezzi importanti. E vederci sbandierati come testimonial del «verde», al pari dei negozi che espongono bici e vendono scarpe o abiti o altro, ci farebbe anche un po’ schifo, oltre che noia.