Solo tre settimane fa Blake Bailey era con ogni probabilità un uomo felice. La sua biografia di Philip Roth, un volume di circa novecento pagine su cui Bailey aveva lavorato per quasi dieci anni con il pieno sostegno dell’autore di Pastorale americana, era uscita nei primi giorni di aprile per Norton e aveva immediatamente raccolto una quantità di apprezzamenti entusiastici.
Per brevità citeremo qui solo una recensione uscita sul New York Times, che porta la firma di una celebre signora della letteratura americana, l’ultranovantenne Cynthia Ozick: «Il romanzo del XIX secolo – scrive Ozick – è ancora vivo e vegeto. Il suo nome oggi è ‘biografia’; la sua natura è quella di una grandezza dostoevskiana. E la vita esaustiva di Philip Roth composta da Blake Bailey è – per dirla senza mezzi termini – un capolavoro narrativo sia per completezza sia per precisione, dove i momenti cruciali si saldano al carattere, il carattere erompe in intuizione, l’intuizione in desiderio, il desiderio in destino».
Certo, nel coro di lodi esultanti qualche voce critica c’è stata. «In Bailey – questo il parere di Laura Marsh su The New Republic – Roth ha trovato un biografo che è eccezionalmente in sintonia con le sue rimostranze e di rado mette in dubbio la sua affidabilità morale. Eppure il risultato non è una vittoria finale delle sue argomentazioni (…) L’assenza di ironia, la cruda insistenza sulla verità rispetto alla falsità, non appartengono a Roth e sono stranamente in contrasto con gli esperimenti che lo stesso scrittore ha fatto con il suo personaggio: il gioco di autore e alter ego, di vita e controvita, in infinite varianti di autoesplorazione».
Interpellato dal Los Angeles Times, Bailey aveva ammesso con noncuranza che Marsh era «andata giù dura», affrettandosi ad aggiungere che quella stroncatura era in fondo un caso isolato. Non sapeva ancora, il biografo di Roth (e in precedenza di Richard Yates e di John Cheever), che nel giro di pochi giorni le sue fortune sarebbero crollate. Contro di lui, infatti, oggi pesano le segnalazioni di alcune donne che lo accusano di comportamenti impropri e in un caso di violenza sessuale. Da parte sua Bailey nega («non ho mai fatto sesso non consensuale di nessun genere con nessuno, mai, e sono pronto a difendere con tutte le mie forze la mia reputazione e la mia vita», aveva del resto scritto tempo fa quando alla casa editrice era arrivata una nota anonima sui suoi presunti trascorsi), ma questo non ha impedito a Norton di scaricarlo.
All’inizio di questa settimana, infatti, la casa editrice ha annunciato di avere ritirato definitivamente dal proprio catalogo Philip Roth. The Biography e pure un precedente memoir di Bailey, The Splendid Things We Planned. «Mr Bailey sarà libero di cercare pubblicazione altrove, se lo desidera», recita un asciutto comunicato riportato fra gli altri dal Guardian. Più garbatamente Einaudi, che l’anno scorso aveva annunciato l’uscita della biografia di Roth in questo 2021, fa sapere che «il libro è in traduzione e la situazione verrà valutata in seguito».
La decisione di Norton ha preoccupato la presidente di PEN America, Suzanne Nossel, che ha rilasciato questa dichiarazione: «Se dovessimo applicare questo criterio in generale, ci sarebbero migliaia di libri di persone bigotte, misogine e miscredenti che potrebbero essere rimossi dalla circolazione per gli stessi motivi (…). Pubblicare un libro dovrebbe significare che un editore crede che in quel volume ci sia qualcosa di edificante, utile o illuminante; non dovrebbe essere interpretato come un’approvazione delle idee o delle vicende raccontate, né della condotta personale dell’autore». Impossibile aggiungere altro.