Un meccanismo a orologeria regola la successione nelle cariche che sarà decisa questa mattina dal Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati. L’accordo unitario, trovato faticosamente un anno fa dopo le elezioni per il sindacato che rappresenta la quasi totalità delle toghe, prevede un’alternanza al vertice. L’incastro sarà rispettato alla perfezione.
Se oggi ai primi due posti ci sono Piercamillo Davigo e Francesco Minisci, presidente e segretario, rispettivamente leader della nuova corrente di destra Autonomia e indipendenza e magistrato più votato della storica corrente centrista di Unicost, da domani nelle prime due caselle prenderanno posto i rappresentanti delle altre due correnti penalizzate un anno fa. Presidente sarà Eugenio Albamonte, sostituto procuratore a Roma e toga più votata nella corrente di sinistra Area, e segretario Edoardo Cilenti, terzo degli eletti per Magistratura Indipendente, la corrente di destra dalla quale si è scissa la nuova formazione guidata da Davigo.

Vice presidente e vice segretario saranno di conseguenza un rappresentante di Unicost, Antonio Sangermano, uno dei pm del processo Ruby, e Francesco Valentini, pm a Latina eletto nel comitato direttivo dell’Anm per Autonomia e indipendenza. L’equilibrio quasi da manuale Cencelli è richiesto dal fatto che questa è la prima giunta unitaria dopo circa dieci anni di gestione a maggioranza dell’Anm. Unità non facile da mantenere soprattutto per il protagonismo del presidente uscente che non di rado ha disturbato il resto della magistratura associata.

Davigo aveva addirittura esordito, nello scorso aprile, prendendosi una smentita dal resto della sua giunta: nella prima uscita post nomina spiegò che il problema dell’Italia è che ci sono troppi ladri, collocabili dalle parti della politica, e troppo pochi detenuti. Fu caldamente invitato a confrontarsi con le altre correnti prima di schierare l’Anm. Il risultato di un anno di confronto è che Davigo lascia con anticipo rispetto alla scadenza prevista, avendo avvertito per tempo che non vedeva l’ora di tornare al suo lavoro in Cassazione.

Il cambio al vertice anticipato, però, si spiega soprattutto con l’esigenza dell’Anm di prendere una posizione ufficiale (certamente critica) sul decreto che impone agli agenti di polizia giudiziaria di informare sempre i superiori gerarchici delle indagini. E sulla legge di riforma del codice penale che è all’ultimo passaggio alla camera; il neo presidente Albamonte ha anticipato al manifesto dieci giorni fa il suo personale giudizio: luci (ordinamento penitenziario, e al netto dei dubbi sull’ampiezza della delega, anche intercettazioni) e ombre (la norma sull’avocazione delle indagini da parte della procura generale) sulla riforma del ministro Orlando. Davigo invece vedeva solo ombre.