Cultura

«Rosy», ritratto di una donna nel massacro di Erba

L'aula della Corte d'Assise di Como che nel 2006 ha emesso la sentenza per la "strage di Erba, Foto AnsaL'aula della Corte d'Assise di Como che nel 2006 ha emesso la sentenza per la "strage di Erba – Ansa

Scaffale Il romanzo di Alessandra Carati, per Mondadori. La scrittrice è sorpresa dalle reazioni di Rosa e sorprende noi che leggiamo perché, proprio come succede nella vita che consideriamo reale, «la vicinanza ha offuscato il quadro»

Pubblicato circa un mese faEdizione del 27 agosto 2024

L’indagine di Alessandra Carati su Rosa Bazzi – Rosy (Mondadori, pp. 200, euro 18) è il resoconto dell’incontro con l’enigma di un altro essere umano che, pagina dopo pagina, viene reso nella propria indecifrabilità. La scrittrice è sorpresa dalle reazioni di Rosa e sorprende noi che leggiamo perché, proprio come succede nella vita che consideriamo reale, «la vicinanza ha offuscato il quadro». Carati capisce che, nel momento in cui Rosa è stata separata dal suo complementare Olindo, si è sfaldato il mondo che entrambi riconoscevano come reale perché, per loro, tutto esisteva e continua a esistere solo a partire dal guscio inaccessibile della coppia formata e difesa allo stremo. Baluardo e conferma l’uno per l’altra.

E FORSE SUSCITA INVIDIA, questo modo di stare al mondo in coppia, forse mette in discussione l’andamento stesso delle relazioni sottoposte a continue verifiche della nostra precaria contemporaneità. Rosa e Olindo non sono in discussione, mai. Forse il loro amore simbiotico e fusionale, questo sogno incarnato di due, motiva il fatto che non li comprendiamo e, dunque, che li accusiamo, pur non disponendo di prove che li incriminino oltre ogni ragionevole dubbio. E il clamore mediatico contribuisce a costruire mostri, come sempre fa.

Certo, il panico derivato dal massacro impensabile avvenuto nel piccolo appartamento di Erba ha forse creato un’urgenza sociale e psicologica di soluzione immediata. Rosa e Olindo, i due bambini amanti, i due incomprensibili, i due alieni lombardi, paiono i candidati più probabili per assumere il carico di un delitto più che orrendo. Soprattutto perché hanno confessato apertamente, entrambi, fornendo dettagli impressionanti, prima di ritrattare e dichiarare di essere caduti nella trappola di una confessione in cambio di una cella matrimoniale.

Rosa si trasforma più volte, sotto gli occhi attenti di Alessandra Carati, cerca di compiacerla, attribuisce il peso tridimensionale della realtà ai propri pensieri persecutori, ai propri nuovi e ingenui innamoramenti infantili. Senza l’argine rappresentato da Olindo, la psiche di Rosa dilaga, incrementata da una solitudine che deriva dalla sua stessa madre, e si rovescia addosso a chi l’ascolta, la ingloba nel suo mondo che lascia la realtà a vacillare fuori come un giocattolo inutilizzato. Lei, che ha un bisogno organico di essere vista, ha scelto il modo più pericoloso di evidenziarsi, di essere reale, ora che dal suo corpo è stata prosciugata la realtà che le dava lo sguardo di Olindo.

ROSA SI SENTE EVAPORARE e si mette al centro della scena vestendo i panni di un’assassina efferata. Racconta la sua invidia verso la madre del piano di sopra, la sua rabbia per i rumori che tolgono il sonno, racconta il delitto inascoltabile di un bambino di due anni. Poi racconta la propria innocenza, i propri sogni d’amore, la propria compassione di sé. Infine, cambia faccia, smette le lacrime, «come se fosse rientrata all’improvviso dalla stanza accanto».

L’autrice di questo bellissimo documento umano sente di dover fare lo sforzo di tenere insieme gli aspetti di una donna che, piano piano, si dispone davanti ai suoi occhi pezzo a pezzo – contraddittoria, commovente, irritante – attribuendo il medesimo valore, forse davvero confondendo realtà e immaginazione. Ma «ciascuno di noi sa fare il male, e così il carcere finisce per essere un enorme rimosso, dove nascondiamo alla vista quello che più ci spaventa».

CARATI ENTRA col proprio corpo in quel rimosso. E non ne esce indenne, perché impara ad assumere lo sguardo sul mondo di una donna dall’identità cangiante, scrive un libro che non è mera analisi di un tragico caso di cronaca, ma indagine sulle insondabili profondità di una e di ciascuno, su quanto ci sia dato comprendere dell’altro, magari proprio di quello che istintivamente non riconosciamo come nostro simile perché ci somiglia quanto non vorremmo ammettere. Leggendo Rosy siamo messi di fronte alla molteplicità del nostro essere. E ne usciamo commossi. Un po’ più umani, un po’ più intelligenti.

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