La legge elettorale imposta con otto voti di fiducia piace sempre meno ai suoi principali autori. Non bastavano i sondaggi che fanno lentamente scivolare il Pd e la sua indefinita alleanza nel ruolo di terza forza (dopo centrodestra e M5S), così smontando la strategia del voto utile alla base dell’infatuazione per il Rosatellum. Anche il passaggio tecnico della definizione dei collegi uninominali e proporzionali in teoria controllatissimo – anche troppo, sinistra e 5 stelle denunciavano la nomina governativa della commissione che ha svolto il lavoro – ha finito con lo scontentare il Pd. Tanto che Renzi e la sua cerchia hanno imposto una poco rituale nota di accompagnamento al decreto che ridisegna i collegi, con la quale il governo chiede alle commissioni parlamentari (che in 15 giorni daranno un parere consultivo) di proporre modifiche al lavoro dei tecnici.

Non per caso la nota del governo si concentra sul disegno dei collegi alla camera in Toscana. Il problema, com’era previsto, ha riguardato soprattutto la parte proporzionale. Renzi nasconde l’irritazione dietro una battuta: «Può darsi che io mi candidi, ma non ho capito dove. Hanno messo Rignano nel collegio plurinominale di Livorno, è meraviglioso…». Dario Parrini, toscano di Vinci e autorità renziana per le leggi elettorali, dice che «non è questione di convenienza politica, con tutto il rispetto della commissione non mi pare che questa scelta sia logica né comprensibile». Rignano, il comune di Renzi a est di Firenze, è nel collegio uninominale di Empoli, che sta a ovest di Firenze, dal 1993. Ed è ai collegi del ’93 che il Rosatellum impone di fare riferimento. I renziani avrebbero però preferito che nell’accorpare i collegi uninominali per costruire i plurinominali (in Toscana sono 4), Empoli (e dunque Rignano) fosse accorpato con Firenze e Sesto invece che con Livorno. Possono però consolarsi con il fatto che Empoli-Rignano (Toscana 2) avrà comunque, come Firenze, un rapporto elettori/eletti più favorevole rispetto agli altri due collegi proporzionali della regione, eleggendo sette deputati e non cinque.

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Il criterio prevalente che la commissione tecnica sembra aver seguito è quello – inserito per volontà della Lega nella legge delega – della contiguità tra i collegi uninominali da accorpare. Ne è venuto fuori una divisione delle regioni a fasce orizzontali, che per esempio ha scontentato Alfano in Sicilia. Lì infatti, al senato, Agrigento è finita nello stesso collegio proporzionale di Enna e Messina, feudi inattaccabili di Crisafulli (Pd) e Genovese (Fi). Per contenere l’irritazione del ministro degli esteri, la nota del governo si spinge a chiedere al parlamento «senz’altro una rinnovata valutazione» del caso Sicilia e suggerisce anche una soluzione: ridurre i collegi plurinominali dell’isola da due a tre e unire Agrigento a Palermo.

Le commissioni affari costituzionali si dedicheranno alla questione da martedì, la rituale audizione del presidente dell’Istat (che ha presieduto la commissione tecnica) si annuncia a questo punto movimentata, con il Pd all’attacco. Se il parlamento dovesse raccogliere i suggerimenti del governo, l’esecutivo ritoccherà i collegi quando – intorno al 10 dicembre – varerà definitivamente il decreto. Spiegherà che non può non ascoltare le richieste delle camera, anche se i precedenti per le leggi delega dicono il contrario (vedi Jobs Act). Forza Italia, alleato fondamentale per approvare il Rosatellum, mette però le mani avanti e si dice contraria a qualsiasi proposta di cambiamento: «Non apriamo il mercato delle vacche», avverte Brunetta. Se si imponesse la linea renziana, il governo potrebbe persino cambiare la mappa dei collegi in assenza di un’indicazione parlamentare: la legge prevede solo che la scelta sia motivata.

Un problema che va oltre le convenienze di parte, invece, è quello della dimensione enorme dei collegi proporzionali, dove si voterà sulla base di listini bloccati. Alla camera ne sono stati disegnati solo 63 con una popolazione che talvolta supera il milione di abitanti. Assegneranno 386 seggi da sommare ai 232 collegi uninominali e 12 esteri. Per il senato i collegi uninominali sono 116, i senatori esteri 6 e i collegi plurinominali appena 34. In qualche caso con oltre due milioni di abitanti.