Una legge da buttare. Anche se non riuscirà a eguagliare il record dell’Italicum, legge che l’Europa avrebbe dovuto copiarci e che invece abbiamo dismesso senza mai applicarla perché non costituzionale e non più utile (non in quest’ordine), la legge elettorale Rosato – o Rosatellum – un primato negativo se l’è conquistato.

Prima ancora del suo debutto il 4 marzo è già candidata alla rottamazione. Malgrado sia stata approvata meno di quattro mesi fa, già si immaginano governi ponte incaricati solo di consentire l’approvazione di una nuova legge elettorale. Magari guidati dallo stesso presidente del Consiglio – l’attuale – che sul Rosatellum ha chiesto per otto volte la fiducia.

Eppure qualche estimatore della legge Rosato c’è ancora; anche se adesso non si vede verrà fuori a parlamento costituito: chi si sarà avvantaggiato difficilmente vorrà rinunciare al vantaggio.

Lo stesso, elementare, motivo per cui la tanto criticata legge elettorale Porcellum è rimasta in piedi per dieci anni e tre turni elettorali. Il paradosso per questi difensori del Rosatellum è che devono augurarsi l’elezione, domenica prossima, di uno dei più tenaci avversari della legge.

Felice Besostri, l’avvocato che ha avuto ragione due volte in Corte costituzionale contro le leggi elettorali, è candidato alla camera per Liberi e Uguali sia nel collegio uninominale (a Milano) che in quello proporzionale (in Liguria).

Candidato per non essere eletto, «a meno che LeU non prenda il 20 per cento, in quel caso dovrò rivedere i miei piani di attacco, purtroppo», dice ironizzando appena un po’.

Perché da avvocato del cittadino-tipo che difendeva i suoi diritti di elettore contro il Porcellum e contro l’Italicum, Besostri può trasformarsi in vittima diretta del Rosatellum. Se riuscirà a dimostrare, in quanto candidato, di essere stato vittima dei meccanismi a suo giudizio incostituzionali che regolano l’assegnazione dei seggi.

Due sono i punti più deboli del Rosatellum, secondo le critiche già esposte in fase di approvazione della legge da diversi giuristi.

Il primo è l’assegnazione dei voti a pioggia all’interno delle coalizioni e a favore dei partiti più grandi. Dunque in concreto a favore del Pd, di Forza Italia e della Lega, gli unici tre partiti coalizzati stimati in doppia cifra.

A loro andrà la gran parte dei voti di lista di chi sulla scheda avrà scelto solo il candidato della coalizione all’uninominale (e non una lista) o avrà indicato una lista ferma tra l’1 e il 3%. In questo modo i partiti più grandi guadagneranno un numero maggiore di seggi rispetto a quelli che spetterebbero loro per scelta degli elettori, togliendoli alle altre liste.

Besostri, che è secondo nel listino bloccato in Liguria, potrebbe sostenere di essere stato escluso per questo.

In ogni caso sarà anche una questione di grandi numeri: più elettori sceglieranno di votare solo il candidato all’uninominale – non la soluzione ideale per la legge, che indica la via della croce sul simbolo della lista, ma comunque una soluzione possibile – più forti saranno gli argomenti contro il Rosatellum da portare in tribunale.

Oltre che più complicate saranno le operazioni di scrutinio e più lento lo spoglio nella notte di domenica.

L’altro punto debole della legge è il divieto di voto disgiunto, che però sarà contemporaneamente possibile per circa il 25% degli elettori italiani, quelli residenti nel Lazio e nella Lombardia che su un’altra scheda eleggeranno i consigli regionali.

Besostri si prepara a sostenere in tribunale di essere stato penalizzato perché gli elettori dei partiti diversi da LeU non hanno potuto votarlo, anche magari condividendo le sue battaglie in difesa del voto “libero e uguale”.

L’avvocato ha anche un consiglio per chi pensa di astenersi, in questo modo – sostiene – facendo un favore a chi ha voluto il Rosatellum proprio per ostacolare gli elettori.

Il consiglio è quello di un’astensione “attiva”, e cioè un voto disgiunto che porterebbe ad annullare la scheda. Molte schede annullate per questa via, molti argomenti per provare a convincere i giudici che la legge è irragionevole.