La promulgazione della legge recante il «Rosatellum» non lo ha certo sanato dalle incostituzionalità che lo pervadono. Ha però uniformato i sistemi elettorali delle due camere, esigenza che il presidente della Repubblica aveva più volte segnalato come prioritaria. Prioritaria al fine di precludere risultati elettorali divaricanti la composizione politica dei due rami del parlamento e di assicurare, invece, omogeneità e stabilità governativa. La soddisfazione di tale esigenza, stante la imminente scadenza della legislatura e la comprovata incapacità del parlamento di legiferare in materia elettorale conformemente a Costituzione (come dimostrò con l’Italicum ), ha però comportato un prezzo molto alto. È quello di aver condizionato fortemente il presidente della Repubblica trattenendolo dall’esercizio del potere, attribuitogli dall’articolo 74 della Costituzione, di rinviare la legge alle camere per palese incostituzionalità dei suoi contenuti (oltre che per i gravissimi vizi procedimentali).

Un ingorgo di emergenze costituzionali si è infatti addensato sulle funzioni del presidente della Repubblica investendo sia quelle riconosciutegli dalla dottrina come garante della Costituzione sia quelle conferitegli come Capo dello stato dalla stessa Costituzione all’articolo 87. L’ingorgo è stato risolto sacrificando il primo dei due ruoli. Ne va allora esternata l’esistenza e va esplicitata la ragione della scelta tra le due possibili soluzioni. Lo può solo lo stesso presidente Mattarella, motivando le ragioni della priorità.

Può esserlo con messaggio alle camere e proprio a seguito della avvenuta promulgazione. Comporterebbe non pochi vantaggi. Innanzitutto quello di escludere che il presidente della Repubblica non abbia rilevato i vizi di costituzionalità della legge e perciò non li abbia indicati al parlamento. In tal modo confermerebbe la l’attribuzione della funzione di garante politico della Costituzione che la dottrina riconobbe al presidente della Repubblica dagli inizi della storia repubblicana.
Potrebbe avere un merito in più e di grande rilievo.
Si badi. La legge promulgata conserva una disposizione del Porcellum aberrante dal punto di vista costituzionale ed etico-politico. Ho avuto già modo di rilevarlo e vedo con piacere che il presidente Napolitano ha ora autorevolmente espresso un giudizio assolutamente negativo su tale disposizione. Sì, è quella dell’invenzione dei «capi di forza politica» e «capi di coalizione». Che mira ad usurpare proprio quel potere che ha indotto il presidente Mattarella ad insistere perché fossero omologati i sistemi elettorali delle due camere. Una disposizione volta oggettivamente e comunque a trasformare la funzione rappresentativa dell’elezione al parlamento in quella di investitura di «capi».

Ebbene, il messaggio del presidente della Repubblica al parlamento da auspicare, e credo da esigere, dovrebbe contenere l’invito a sopprimere all’articolo 14-bis della legge elettorale le parole «nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica».
C’ è tutto il tempo per l’approvazione di una legge che contenga la soppressione di tale disposizione, una legge di un solo articolo di sole diciassette parole. Quelle che mirano all’eversione radicale della democrazia repubblicana.