La legge elettorale Rosato arriva questa mattina in aula al senato. Il governo chiederà la fiducia, come alla camera anzi più della camera dove le fiducie furono tre. Questa volta saranno almeno cinque, su tutti gli articoli della legge, che sono sei, tranne forse il quinto che ha introdotto alla camera la clausola di invarianza finanziaria. Le uniche votazioni vere prima delle fiducie saranno quelle di oggi sulle pregiudiziali, sulle quali i tre partiti che si oppongono alla riforma elettorale – M5S, Sinistra italiana e Mdp – tenteranno anche di ottenere lo scrutinio segreto.

La legge arriva in aula essendo stato concluso in commissione l’esame degli emendamenti e quindi con il relatore (Torrisi). Questo è accaduto solo perché dopo tre ore di «farsa», secondo la definizione della presidente del gruppo misto-Si Loredana De Petris – ieri sera le opposizione hanno abbandonato i lavori. Erano stati esaminati e tutti bocciati una trentina di emendamenti, e alla sinistra e ai grillini era apparso chiaro che Pd, Forza Italia, Lega e centristi sarebbero comunque riusciti a chiudere in commissione nella seduta notturna. Con l’uscita dei senatori di opposizione tutti gli emendamenti sono decaduti e il gioco si è chiuso. Grillini e sinistra si sono un po’ inseguiti, senza coordinare le strategie. L’annuncio già nel pomeriggio di ieri da parte dei 5 Stelle di volere il voto segreto ha consentito al governo di mettere in pista il voto di fiducia. «A questo punto uno strumento di legittima difesa», ha detto il sottosegretario Pizzetti. Che però successivamente in commissione ha cambiato versione: «La fiducia è richiesta della maggioranza», ha detto. «Capito che non ci sono margini per modifiche, era inutile farci prendere in giro», ha spiegato l’abbandono De Petris.

Anticipando la richiesta di voto segreto – che poteva essere presentata anche oggi, al senato il regolamento consente di depositare persino emendamenti prima della seduta – i grillini hanno dato il segnale della battaglia al governo. Che ha esagerato, parlando di una cinquantina di voti segreti e dunque – in teoria – a rischio franchi tiratori (ma l’insieme delle forze che sostiene la riforma controlla i due terzi dell’aula). In realtà i voti segreti sarebbero stati molti di meno, visto che in molti casi la parte di tutela delle minoranze linguistiche (la sola sottoponibile al voto segreto) non è prevalente rispetto al resto del contenuto dell’emendamento. E in ogni caso non tutti gli emendamenti sarebbero sopravvissuti alla bocciatura dei primi.

M5s ha convocato per domani una manifestazione, mentre oggi pomeriggio davanti al senato ci saranno Mdp e Sinistra italiana, in risposta all’appello lanciato dal Coordinamento per la democrazia costituzionale. L’avvocato dei ricorsi sulle leggi elettorali, Felice Besostri, nel frattempo ha trovato il modo di presentare un ricorso diretto alla consulta per conto di quattro deputati: l’oggetto è proprio l’approvazione della legge elettorale con la fiducia.

I primi voti sulle pregiudiziali ci saranno oggi pomeriggio. Subito dopo le dichiarazioni di voto, durante le quali dovrebbe intervenire l’ex presidente della Repubblica Napolitano, contrario alla norma del Rosatellum che conferma l’indicazione del capo della forza politica e contrario anche alla decisione di procedere con la fiducia. Quattro senatori Pd hanno presentato emendamenti per l’aula nel senso richiesto da Napolitano e su altri punti (voto disgiunto), emendamenti che la fiducia rende inutili. Di questi quattro solo due (Tocci e Micheloni) sono orientati a non votare la fiducia. I voti del gruppo di Verdini compenseranno le defezioni.
In ogni caso, da domani saranno necessarie sedute fiume per portare a termine cinque o sei «chiame» dei senatori e rispettare la conclusione prevista giovedì (possibile coda venerdì mattina). Nessuna suspence invece sul numero legale, perché ai senatori di Forza Italia e Lega che sostengono il Rosatellum, ma non vogliono sostenere il governo, sarà consentito adeguarsi alla prassi che nelle ultime tre votazioni di fiducia hanno seguito i senatori Falanga e Stefano: sfilare sotto la presidenza e segnalare la volontà di non partecipare al voto. Presenti e non votanti, problema risolto.