La società Betfair alla vigilia del voto scozzese ha già pagato chi ha scommesso sulla vittoria del “no” (quotato a 1,27, contro 4,5 per il “yes”). Ma i sondaggi restano nel margine di errore. E se oggi vincesse l’indipendenza della Scozia, l’Unione europea si troverebbe di fronte a un vuoto giuridico. La Scozia, dove gli indipendentisti affermano di voler restare in Europa e, anzi, hanno fatto campagna proprio contro il progressivo allontanamento da Bruxelles della Gran Bretagna, dovrà chiedere l’adesione come nuovo stato membro? Per accettare un nuovo paese, ci vuole l’unanimità. La Gran Bretagna, ma anche la Spagna (che ha il problema della Catalogna), potrebbero impedire alla Scozia di rientrare nella Ue?

Ufficialmente, la Commissione non ha preso posizione, per “non interferire” in una questione di politica interna di uno stato membro. “Non vogliamo in un nessun caso commentare una questione che riguarda la politica interna di uno stato e interferire nel corso di una campagna democratica”, ha affermato la portavoce del presidente Barroso. Ma Barroso e Van Rompuy, presidenti rispettivamente della Commissione e del Consiglio fino al prossimo 31 ottobre, sono contrari all’indipendenza. A fine 2012, un tory inglese, Christopher Tugendhat, aveva chiesto chiarimenti a Bruxelles. “I trattati europei si applicano soltanto ai paesi che li hanno ratificati – aveva risposto Barroso – se una parte di uno dei paesi dell’Unione dovesse acquisire l’indipendenza, i trattati non verrebbero più applicati a questo territorio”. Ma c’è una norma Ue che contraddice questa posizione: i cittadini della Ue che hanno beneficiato dei diritti inerenti all’adesione all’Unione non possono venirne privati. I difensori dell’indipendenza interpretano questa norma in modo esteso: la Scozia, come parte del Regno unito dal 1707, ha firmato tutti i trattati con la Ue, quindi non dovrebbe avviare una nuova procedura di adesione dall’esito più che incerto. Le direttive europee, secondo questa tesi, resterebbero in vigore anche per la Scozia. Poi, il nuovo paese dovrebbe negoziare la sua nuova posizione come 29esimo stato della Ue, ma lo farebbe dall’interno dell’Unione e non dall’esterno. Gli indipendentisti fanno valere che la Scozia, come parte della Gran Bretagna, rispetta evidentemente tutti i criteri di adesione e non dovrebbe rinegoziarne i 35 capitoli. Ma resta uno spazio di incertezza, perché Edimburgo, secondo alcuni giuristi, dovrebbe di nuovo provare per esempio che rispetta i diritti della minoranza inglese che vive sul suo territorio.

Ufficialmente, la Commissione ha fatto sapere che esaminerà solo un piano “preciso e definito”, una volta passato il referendum. Per la Commissione, c’è un imbarazzo notevole, visto che gli indipendentisti scozzesi fanno valere non solo che la Scozia fa già parte della Ue, ma che le ragioni della volontà di emancipazione stanno proprio nella decisione di Londra di allontanarsi progressivamente dalla Ue. David Cameron ha promesso per il 2017 un referendum sulla permanenza nella Ue della Gran Bretagna, se vincerà le prossime elezioni. Mentre la Scozia già chiede di entrare in Schengen e si dice pronta ad accettare le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, che Londra contesta o applicare il mandato d’arresto europeo, per il quale (assieme alle 130 disposizioni europee relative alla polizia e alla giustizia) la Gran Bretagna ha chiesto l’opt out. Come farà Bruxelles a mettere i bastoni tra le ruote alla conferma dell’adesione della Scozia filo-europea, se questa esce dalla Gran Bretagna euro-scettica? C’è la possibilità di una procedura semplificata, evitando il voto all’unanimità del Consiglio. Ma tutto il meccanismo delle istituzioni europee sarà sconvolto, visto che bisognerà integrare un nuovo stato, a cominciare dalla nomina di un commissario scozzese (poiché è passata la norma di un commissario per paese).