Il Nobel per l’economia è andato agli americani William Nordhaus e Paul Romer per le proposte di strumenti capaci di «combinare la crescita sostenibile a lungo termine dell’economia globale con il benessere della popolazione del pianeta». Negli stessi giorni dell’assegnazione, sono stati resi noti i risultati della conferenza di Incheon (Corea del Sud) sui cambiamenti climatici. A William Nordhaus in particolare è stato riconosciuto il merito della proposta di attenuare le cause dei cambiamenti climatici che sono innegabili e crescenti.
Estati calde, piogge limitate seguite da improvvise tempeste, fusione dei ghiacci, con le conseguenze di alluvioni, perdite di raccolti, distruzione di edifici e strade, aumento del livello degli oceani, erosione delle coste — sono le prove di un lento inarrestabile aumento della temperatura media del pianeta Terra. Il tutto si traduce in dolori per le persone, malattie, morti e soprattutto costi, che è poi quello che sta a cuore agli economisti e ai governanti.

LE CAUSE sono abbastanza note: il pianeta Terra è una palla che si muove nello spazio, scaldata dalla radiazione solare filtrata dal sottile strato dell’atmosfera costituita da azoto, ossigeno e pochi altri gas. Una parte del calore ricevuto viene re-irraggiata verso i freddissimi spazi interplanetari; il bilancio fra calore trattenuto e calore perduto fa sì che questa palla si trovi alla temperatura media di circa 15 gradi Celsius, 290 gradi più degli spazi esterni, un equilibrio che dipende dalla particolarissima composizione chimica dell’atmosfera, unica fra tutti i corpi celesti. L’immissione nell’atmosfera di alcuni gas come anidride carbonica e metano, detti «gas serra», ne fa aumentare la concentrazione con l’effetto che una maggiore quantità di calore resta trattenuto sulla superficie della Terra e ne provoca il riscaldamento responsabile dei mutamenti climatici.
L’anidride carbonica immessa nell’atmosfera deriva dalla combustione di crescenti quantità dei combustibili fossili carbone, petrolio, gas naturale bruciati oggi in ragione di 10 miliardi di tonnellate all’anno per tenere in moto la produzione agricola e industriale, il miliardo di autoveicoli in circolazione, il flusso delle merci che caratterizza l’economia. Tutte «cose buone», anzi necessarie per aumentare il benessere della popolazione e la crescita economica assicurata dalla disponibilità di crescenti quantità di cose materiali, di oggetti, di alimenti, di mezzi di trasporto, di edifici, strade, eccetera.

PURTROPPO più crescita del benessere economico comporta inevitabilmente maggiori emissioni di gas serra e maggiori danni e costi. In altre parole i mutamenti climatici sono le inevitabili conseguenze della somma divinità dell’economia, la crescita del consumi di merci.
Il nuovo premio Nobel Nordhaus ha proposto strumenti economici per diminuire o rallentare l’aumento della concentrazione dei gas serra nell’atmosfera, come l’applicazione di imposte, «carbon tax», proporzionali alle emissioni di gas serra in modo da spingere le industrie ad adottare processi che forniscano gli stessi prodotti usando meno combustibili fossili, o usando fonti di energia come quella solare e eolica; in modo da indurre i consumatori ad acquistare prodotti che durino di più, che siano riciclabili o ottenuti da sottoprodotti agricoli. In modo da inventare tecnologie capaci di seppellire nel sottosuolo o negli oceani l’anidride carbonica emessa dai camini delle industrie o delle centrali. In modo da indurre a consumare meno carne, dal momento che anche i bovini degli allevamenti emettono come metabolita metano, anche lui un gas serra che pagherebbe una carbon tax. Finora nessun rimedio della scienza economica o della tecnica ha mostrato di essere efficace nell’attenuare la crisi climatica. Le analisi esposte anche nella recente conferenza degli esperti a Incheon, mostrano che l’aumento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera sta portando ad un riscaldamento planetario crescente e che se si volesse rallentare tale aumento occorrerebbero misure drastiche tali da compromettere la base stessa dell’economia, il dogma della crescita.
Alcuni credono che una qualche attenuazione si potrebbe ottenere con energiche azioni sui consumi in modo da diminuire quelli dei paesi ricchi e spreconi pur assicurando un minimo decente livello di vita ai poveri. È un po’ quello che ripete l’enciclica Laudato si’, ma a Papa Francesco pochi governanti danno retta, non è mica un premio Nobel