Una partita di calcio ha la stessa durata hollywoodiana di un film. Calcio e cinema hanno in comune lo spettacolo, gli attori in campo e sulla scena, la regia, le inquadrature. Il calciatore supremo è colui che è senza palla, uno come Falcão, mentre un portatore di palla come Toninho Cerezo è escluso, anche se segnerà o farà segnare il gol con un suo passaggio.
A parlare di calcio, ben oltre la chiacchiera sportiva, che abbonda ogni oltre limite in questo paese, sono Carmelo Bene ed Enrico Ghezzi, nella loro genialità e sregolatezza. La lunga conversazione diventato un libro anni fa, viene ora ripubblicato dalla Nave di Teseo: Discorso su due piedi (il calcio). Le partite di calcio delle coppe europee sono noiose perché di livello medio, sostiene Carmelo Bene, il match diventa interessante solo quando il supercampione eccede: «Perché Romario è il più grande? Perché appunto è capace di una cosa, del quid che poi più conta: l’immediato. Quando gioca il Brasile, è il solo capace dell’immediato, dell’atto, non più dell’azione, ma dell’atto».

L’ELOGIO di Romario, ex centravanti del Brasile, campione del mondo del 1994, quando l’Italia perse la finale ai rigori con Baresi e Baggio che sbagliarono dal dischetto, capace di stare fermo tutta la partita, ma di cogliere l’attimo con la velocità di un ghepardo, manda in estasi sia Carmelo Bene che Enrico Ghezzi. È l’immediato che distingue il supercampione dal campione, quell’immediato che Carmelo Bene paragona al punto di approdo di una traiettoria, l’atto finale senza la traiettoria. Per i due solo Romario è capace dell’immediato: «Quando sull’1-2 segna, bruciante al limite dell’area, lì siamo nell’immediato (C.B.)… È come un flash… (e.g.), Non è più l’azione (C.B.)… è come un flash, talmente veloce che è fermo (e.g.), È fermo. È immobile (C.B)».
I portieri subivano gol micidiali da Romario, senza rendersene conto. Ghezzi e Bene paragonano la lunga stasi di Romario in partita, irritante per i giocatori della nazionale verdeoro in primis e per gli spettatori, a un singolo fotogramma, ma poi quando scatta li brucia: «Cinematograficamente lo chiamerei passo uno… È immediato, nel senso che manca proprio il tempo di mezzo»
( e.g.). Per Carmelo Bene, l’ immediato di Romario è paragonabile all’eccesso che si trova nell’arte, come in un certo Bernini, nella Beata Ludovica Albertoni oppure in Bacon.

I DUE PASSANO ad analizzare altri giocatori di classe come Cruijff, uno che partiva dalla propria porta senza palla e poi segnava, secondo Bene, una cosa che faceva anche Maradona, però dalla metà campo in su. Cruijff per Ghezzi occupa il primo posto tra i calciatori, mentre Bene preferisce Marco Van Basten, «un giocatore che di per sé era un’orchestra».
Al di sopra di tutte le nazionali c’è il Brasile, che per Ghezzi dovrebbe di diritto disputare le finali dei mondiali, perché la nazionale carioca è vertigine, mentre per Carmelo Bene «il Brasile è il teatro senza spettacolo», perché è fatto di calciatori che sono l’ immediato, la nazionale di per sé è lenta, ma i singoli sono l’immediato. Anche altri campioni di sport hanno l’immediato, come il tennista Edberg (per Ghezzi il più «brasiliano» dei tennisti, per Bene «è il tennis»), Laver, Sampras, soprattutto Connors. Tra i pugili annoverati nell’immediato c’è Sugar Leonard, che secondo Bene rappresenta la boxe, mentre lo sciatore Stenmark è come Batman.

C’E’ DIFFERENZA c’è tra la partita vista allo stadio e una vista in televisione? Per Carmelo Bene allo stadio si va per ammirare il giocatore senza palla, come Falcão, che giocava nella Roma e aveva questo dono ma poi segnava, mentre la tv inquadra solo la palla, non inquadra mai Romario che se ne sta per un’ora con le mani sui fianchi. Nonostante l’inedia, i due precisano che la stasi di Romario non li dividerà.
Nel 1997 Carmelo Bene tenne ogni lunedì una rubrica settimanale su Tele+ sul campionato di Serie A, L’extra-ordinario del calcio. In ogni puntata sosteneva che il vero calcio era espresso dalla Juve, nella puntata successiva dall’Inter, poi dal Milan, dalla Roma, motivo per cui Ghezzi lo accusa di «essere ondivago».
L’autore di Nostra Signora dei Turchi ha tenuto a lungo sul quotidiano Il Messaggero una rubrica sull’atletica intitolata Pensandoci Bene. Nelle pagine del libro i due discettano anche sul pluricampione Carl Lewis dai fan chiamato «Figlio del vento», secondo loro non perché corresse come il vento, ma perché nella corsa soffiava come il vento.
C’è qualche sport che non sopporti in televisione? Chiede Ghezzi a Bene, che vorrebbe cancellare il pattinaggio artistico fatto di numerose cadute.
E il teatro suscita emozione? Bene, caustico: «L’emozione, io me la devo cercare nel Brasile, oppure nel rugby neozelandese, oppure in Jordan, non so nell’Nba, nel basket o negli Edberg del tennis, ma non posso andare a cercarla in una sala teatrale. Scherziamo?». Il libro è da leggere d’un fiato, coglierete l’importanza dell’immediato che accomuna Carmelo Bene ed Enrico Ghezzi. E noi
a loro.