La Romania è diventata da qualche giorno, meglio forse dire qualche settimana, il nuovo focolaio europeo del Covid. A partire dall’inizio di luglio, infatti, il paese balcanico ha vissuto quella che può essere definita la sua prima, vera ondata dell’epidemia e dai 28.166 casi del 3 luglio, si è passati agli attuali 59.273 riportati nell’ultimo bollettino ufficiale di ieri del ministero della Salute. Oltre 30mila casi in poco più di un mese, circa mille nuovi infetti al giorno e nuovo record raggiunto proprio nelle ultime 24 ore, con 1.378 nuovi pazienti trovati positivi ai tamponi.

Non sono numeri roboanti, è chiaro, e non assomigliano nemmeno lontanamente a quelli della triste primavera italiana, ma sono attualmente tra i più alti d’Europa e sono stati sufficienti a convincere molti paesi europei a prendere provvedimenti restrittivi nei confronti dei cittadini rumeni interessati a viaggiare per motivi di lavoro o per vacanza. E se l’Italia ha deciso di mettere in quarantena chi ha trascorso gli ultimi quattordici giorni in Romania, altri paesi, come ad esempio la Grecia, la meta preferita per le vacanze balneari dai rumeni, ha imposto l’entrata nel proprio paese previa presentazione del test anti-covid (naturalmente negativo).

Sono state proprio queste misure a rendere ufficiale quello che già si sospettava. Se nel pieno della pandemia la Romania, che pure ha milioni di cittadini sparsi per l’Europa (in particolare Italia e Spagna) che sono rientrati un po’ per paura, un po’ per la sospensione delle attività lavorative (leggasi in particolar modo badanti e impiegati nelle strutture alberghiere), è rimasta stranamente avulsa dalle cifre enormi della prima fase della pandemia, è perché di tamponi se ne facevano ben pochi. Il contrario di quanto sta accadendo in questo periodo, con oltre 20mila al giorno, ancora pochi ma comunque quasi il triplo di quanto accadeva all’inizio, grazie alla necessaria (nel caso di chi ha programmato le vacanze all’estero e in particolare in Grecia) volontarietà di sottoporsi ai tamponi, il cui costo è tra i 70 e gli 80 euro per persona.

Anche il tasso di mortalità (50 decessi e nuovo record negativo nelle ultime 24 ore, 2616 quelli totali), con 22 decessi per milione di abitante, è doppio rispetto ad alcuni paesi come la Bulgaria e l’Inghilterra che sono al secondo e terzo posto. Nonostante i casi di malati asintomatici siano la stragrande maggioranza, le autorità temono il collasso delle strutture sanitarie e i 466 pazienti in terapia intensiva rappresentano già quasi il limite di quanto queste possano sostenere. Per questo, sono stati riaperti gli ospedali da campo di Otopeni, la città a ridosso di Bucarest che ospita l’aeroporto della capitale, che ha 167 posti letto a disposizione, ed è stato messo in funzione anche quello di Costanza, città sul mar Nero. Il governo e il presidente della Repubblica, Klaus Iohannis, invitano i cittadini a responsabilizzarsi senza però minacciare nuove chiusure o misure drastiche. A Bucarest è diventato obbligatorio l’uso della mascherina, per la quale i rumeni non si sono dimostrati molto avvezzi, anche all’aperto nel centro storico della città, nei mercati, nelle fiere e nelle stazioni dei mezzi pubblici. Per la stessa decisione hanno optato anche i sindaci di alcune città del litorale.

Intanto, sono slittate le elezioni amministrative che, inizialmente previste per giugno, sono state rinviate al 27 settembre ma che, verosimilmente, potranno subire un nuovo slittamento se i dati relativi agli infetti restano stabili o addirittura continueranno a crescere. Anche le politiche, previste per il dicembre 2020, potrebbero subire cambiamenti.