Economia

Voci dall’alluvione: «Dopo tre mesi i soldi non si vedono. Come fa Figliuolo a chiederci pazienza?»

Voci dall’alluvione: «Dopo tre mesi i soldi non si vedono. Come fa Figliuolo a chiederci pazienza?»Un'immagine dell'alluvione in Romagna – Ansa

Romagna Le testimonianze di famiglie e imprenditori: «Arriva l'autunno, i muri sono ancora umidi, ho paura di tornare a casa». «Una tromba d'aria ha distrutto anche le serre, così non posso andare avanti»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 2 settembre 2023
Linda MaggioriFaenza (Ravenna)

Sono passati tre mesi e mezzo dall’alluvione che ha sommerso la Romagna, ma non ci sono ancora date certe sugli aiuti dal governo. I cittadini e le aziende, soprattutto le più piccole, versano in grave difficoltà. «Noi siamo ancora fuori casa. Abbiamo ricevuto 3000 euro dalla regione, all’inizio, ma sono nulla a confronto dei danni e della manodopera da pagare, molti lavori proviamo a farli in autonomia, aiutati da amici e parenti – racconta Cristina, di Faenza. – Lavoriamo senza sosta da maggio, ma a volte faccio fatica a dormire pensando a cosa potrebbe succedere con l’arrivo dell’autunno e delle piogge… prima dei soldi vorrei avere la sicurezza. Non abbiamo le idee chiare su cosa si sta facendo su argini e fiumi né cosa si prevede di fare e in che tempi, e questo toglie molto slancio alla forza necessaria per tornare a casa».

Gli argini del Lamone, nel tratto faentino, sono stati spettralmente “pelati” ai lati, disboscati anche dagli alberi sani, in un’opera che lascia perplessi sulla sua reale efficacia, anche perché in molti punti, sul letto del fiume, restano dighe di rami e rifiuti che bloccano la corrente. Permane inoltre la mancanza di casse di espansione a dare sicurezza al territorio. Anche la fognatura versa in condizioni critiche, ma questo è un problema annoso. Alcuni recenti esposti hanno segnalato paratie non funzionanti e scoli sul fiume di liquidi fognari.

«In questi mesi nel nostro quartiere, in via Lapi, anche con piccoli acquazzoni le acque sono risalite dai tombini, allagando le strade», spiega Valentina Bascaretti portavoce del Comitato Bassitalia di Faenza. Ha 4 figli piccoli, la sua casa completamente sommersa da 5 metri d’acqua: «Io non ho ancora messo mano alla casa, ci sono due piani da rifare, i muri sono ancora da asciugare e non ho i soldi per ristrutturare. Non hanno dato indicazioni neppure per le perizie, siamo al punto di partenza. Chi sta rientrando lo fa a proprio rischio e pericolo».

«Noi non abbiamo ricevuto nessun aiuto dalle istituzioni, niente di niente, neppure i 3000 euro- prosegue Valentina-  siamo stati ospiti di amici e parenti, ora abitiamo in 6 in un appartamentino di 65 metri quadrati, cerchiamo un alloggio più adeguato in affitto, ma il Cas (contributo autonoma sistemazione) dura fino ad aprile. Dopo con che cosa lo paghiamo l’affitto se contemporaneamente abbiamo ancora il mutuo della casa da pagare? Qui il danno medio è di 60-70 mila euro a famiglia, ma è solo una media, noi abbiamo avuto anche più danni. Lunedì una delegazione del nostro comitato andrà a parlare con Bonaccini per chiedere la messa in sicurezza idrogeologica. Figliuolo dal suo canto ha già detto che gli aiuti slitteranno in avanti, ma come si fa a dirci di avere pazienza, se sono passati 3 mesi? Qui si parla della vita di famiglie con bambini piccoli, di anziani ancora in albergo…».

A Conselice, Davide Passardi, giovane produttore di un’azienda agricola biologica è sconsolato: «Di aiuti non ne ho ricevuti dallo stato. Sto partecipando ad un bando della Camera di Commercio, ma i fondi sono pochi e le richieste tante, immagino che non mi arriveranno più di 2000 euro. Per un’azienda come la mia, con 120 mila euro di danni e poche prospettive di reddito nei prossimi anni, è una briciola. All’alluvione poi si aggiungono i danni causati dalla tromba d’aria di questa estate, che ha distrutto le serre che si erano salvate dall’alluvione, altri 22 mila euro di danni. E anche qui nessun aiuto – scuote la testa. – Non so davvero come potrò andare avanti».

Massimo Tarozzi presidente del «Comitato di Sant’Agata 17 maggio 2023» rimarca: «Non abbiamo più la ferramenta, la farmacia, il forno, la caserma dei carabinieri e il treno non passa più perché il ponte resta più basso degli argini (ci sono bus sostitutivi). Le persone arrancano per provare a riaggiustare le proprie case, ma non ci sono stati veri aiuti da parte delle istituzioni, solo briciole. E soprattutto, abbiamo paura che ricapiti ancora. I piccoli paesi come sant’Agata stanno morendo».

Concorda il sindaco Enea Emiliani: «Da quando, a metà giugno, se ne è andata la Protezione Civile siamo rimasti soli ad affrontare qualcosa di più grande di noi. Abbiamo dovuto anticipare le risorse economiche per far fronte alle somme urgenze e abbiamo dovuto affrontare con le sole forze del nostro piccolo comune le notevoli e delicate incombenze delle pratiche per gli indennizzi dei privati e le urgenti opere per la ripartenza, come sistemare le scuole. Senza un aiuto concreto il paese non sarà ricostruito».

«Da qualche settimana, dopo un mio “grido d’aiuto” lanciato attraverso una lettera indirizzata al Generale Figliuolo- prosegue Emiliani- siamo finalmente entrati in contatto con alcuni componenti della struttura commissariale che hanno iniziato ad affiancarci nelle tante attività necessarie per il censimento danni e la ricostruzione. Siamo solo all’inizio e l’aiuto è ancora poco, confidiamo che si intensifichi nei prossimi giorni. Servono sia risorse economiche, sia risorse umane, per affrontare la ricostruzione di un intero paese».

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