Fermare gli sgomberi e trovare soluzioni abitative reali per gli abitanti della capitale costretti a vivere in occupazione. Sono i due impegni assunti dal governatore della regione Lazio e segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti nell’incontro di giovedì scorso con i movimenti per il diritto all’abitare. Intorno al tavolo si sono seduti lo stesso Zingaretti, il capo di gabinetto Albino Ruberti, l’assessore alle politiche abitative Massimiliano Valeriani ed esponenti dei principali gruppi cittadini attivi sul tema (Blocchi precari metropolitani, Coordinamento cittadino di lotta per la casa, Action e Unione inquilini). La riunione è stata convocata in seguito all’azione di protesta davanti all’ingresso della sede Pd di via del Nazareno che gli occupanti di case hanno portato avanti per diverse ore il 16 ottobre scorso.

«ABBIAMO RIAFFERMATO quello che diciamo da un anno e mezzo – dice al manifesto l’assessore Valeriani – La legalità è importante ma non va scissa da umanità e solidarietà. Il tema degli sgomberi non può essere affrontato senza quello dell’alternativa da offrire alle persone che vivono dentro le occupazioni».

IL PRESIDENTE ZINGARETTI aprirà un’interlocuzione con la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese già lunedì prossimo. Obiettivo: impedire che nella capitale avvengano nuove azioni di forza contro le occupazioni abitative. In base all’elenco stilato dalla prefettura di Roma quando al ministero dell’Interno c’era Matteo Salvini, due sembravano ormai prossime: contro i palazzi di viale del Caravaggio (380 persone a Tor Marancia) e via Tempesta (70 persone tra Pigneto e Torpignattara).

CONTEMPORANEAMENTE si aprirà un tavolo tra istituzioni regionali e movimenti per entrare nel dettaglio delle possibili alternative. «La prefettura è stata chiara: senza soluzioni si procede agli sgomberi – afferma Paolo Di Vetta, dei Blocchi precari metropolitani – Per questo dall’incontro esce una novità importante: per la prima volta abbiamo sentito parlare l’assessore regionale di un pacchetto di case per le persone che vivono in emergenza abitativa».

SI TRATTA DI UN PASSO IN AVANTI che se confermato potrebbe segnare una discontinuità rispetto agli ultimi tempi, quando agli sgomberati sono stati proposti solo centri di accoglienza o case famiglia e soltanto ai soggetti considerati «vulnerabili». Queste «soluzioni» sono state duramente contestate e spesso anche rifiutate dagli occupanti. Interrompono la continuità didattica dei minori e a volte anche l’unità dei nuclei familiari. Affiancano soggetti che non riescono a pagare un affitto regolare ad altri che soffrono problematiche di tipo diverso, dall’alcolismo alle tossicodipendenze. Impediscono qualsiasi forma di indipendenza perché in quel tipo di strutture non è consentito cucinare e spesso gli orari di ingresso e uscita sono regolati.

IN GENERALE, le persone impegnate nella lotta per il diritto all’abitare hanno rifiutato in questi anni l’ottica assistenzialista con cui soprattutto la giunta Raggi ha approcciato la questione. La possibilità di avere una casa è un diritto sociale previsto dalla Costituzione italiana e come tale dovrebbe essere garantito in senso universale. Soprattutto in una città in cui i prezzi degli affitti sono alle stelle e i fenomeni di precarietà lavorativa e povertà sono diffusi in ampie fasce della popolazione. «Non vogliamo elemosina, ma la possibilità di pagare un affitto popolare proporzionato ai nostri stipendi, che sono minimi» disse dopo la notizia della temporanea sospensione dello sgombero Alicia, occupante di viale del Caravaggio.

NOTA DOLENTE dell’incontro in Regione sono state le indiscrezioni raccolte dagli attivisti sulla questione dei decreti sicurezza. «Abbiamo capito in maniera chiara – sostiene Di Vetta – che nel Conte bis non è all’ordine del giorno alcuna discussione per superare la legislazione securitaria introdotta da Salvini. Non c’è accordo tra Pd e 5 Stelle». Quei provvedimenti costringono all’irregolarità migliaia di migranti, ne limitano l’accesso al sistema di accoglienza, criminalizzano l’azione delle Ong in mare e moltiplicano le pene per i reati legati alle manifestazioni politiche. Per chiederne l’abrogazione movimenti e associazioni scenderanno in piazza a Roma sabato prossimo, il 9 novembre, in un corteo nazionale.