L’approvazione della delibera sulle Unioni civili è il secondo passo – dopo l’approvazione del registro dei testamenti biologici – per fare di Roma la capitale dei diritti e della laicità, e per dare una risposta ai fondamentalismi dilaganti e alle loro (spesso tragiche) conseguenze.

La storia delle unioni civili al Comune di Roma è lunga e travagliata: nel 2007 la delibera di iniziativa popolare promossa da Radicali Roma, ottenuta grazie a una campagna cui aderì tutto l’associazionismo Lgbtqi romano, venne bocciata dalla maggioranza di sinistra dopo l’incontro dell’allora sindaco Walter Veltroni con il cardinal Tarcisio Bertone; Miriam Mafai su Repubblica la definì significativamente «la prima sconfitta per il Pd» che stava nascendo in quei mesi. Nel 2012, su una nuova delibera di iniziativa popolare, raccogliemmo oltre 8mila firme di cittadini romani, ma durante quella consiliatura, in palese violazione dello Statuto comunale, la delibera non venne mai discussa.

La delibera approvata mercoledì, dunque, rappresenta un cambio di rotta rispetto ai ritardi e agli errori che nel passato hanno caratterizzato anche (e soprattutto) la sinistra romana, e una risposta alle critiche strumentali finora utilizzate per ostacolarla: il testo non esula dalle competenze dei comuni e non è anticostituzionale, come alcuni hanno affermato in questi giorni; al contrario, va nella direzione di non discriminare le famiglie di fatto basate su legami affettivi eterosessuali od omosessuali rispetto a ogni attività, iniziativa o servizio erogato da Roma Capitale.
Assai diversa, e purtroppo decisamente grave, è la situazione normativa di competenza nella Regione Lazio, in cui è ancora vigente la famigerata “legge Storace sulla famiglia” del 2001, evidentemente discriminatoria sui servizi essenziali riguardanti tutti i cittadini del Lazio.

Invece di festeggiare quanto accaduto al Comune Nicola Zingaretti e Massimiliano Smeriglio, presidente e vicepresidente della Regione, dovrebbero dunque spiegare ai cittadini come possa conciliarsi tanto entusiasmo con il fatto che la legge per gli interventi a sostegno della famiglia tuttora vigente nel Lazio riguardi esclusivamente le famiglie fondate sul matrimonio, e che addirittura subordini la concessione di prestiti a tasso agevolato, l’edilizia residenziale pubblica e il rimborso delle spese relative a utenze e imposte alla «esibizione dell’atto matrimoniale entro un anno dalla concessione dei benefici».

Già nel 2009 noi Radicali depositammo in Regione un referendum che prevedeva l’abrogazione di quella legge e il sostegno alle famiglie di fatto: poi, una volta eletti, i consiglieri regionali della Lista Bonino-Pannella presentarono una proposta di legge che rimane tuttora attuale.

Il nostro appello è quindi rivolto al presidente Zingaretti, a Smeriglio e alla loro maggioranza: dopo due anni di consiliatura è arrivato il momento di porre rimedio a questa intollerabile situazione e di abrogare subito una legge odiosa e discriminatoria nella filosofia, nei principi e nell’impianto, che rappresenta un vero e proprio vulnus per i diritti di tutti i cittadini laziali.

*Gli autori sono rispettivamente il presidente di Radicali italiani e il segretario di Radicali Roma