Di cortei ce ne sono stati ben tre. Non quello «ufficiale» dell’Anpi che tradizionalmente arriva in porta San Paolo, dove quest’anno i partigiani si sono fatti trovare già dal mattino presto per i tanti romani che sono andati a celebrare il 25 aprile sotto un sole quasi estivo. Un grande corteo ha attraversato la periferia di Tor Sapienza, mettendo in fila dietro lo slogan «Liberiamoci dall’indifferenza» tante storie di lotte assai contemporanee, dal No Tav all’immigrazione. Un corteo più piccolo ha seguito trombe e tamburi della banda nel quartiere di Casal Bertone, per una parata della memoria nei luoghi dove hanno vissuto alcuni martiri della Resistenza. E un corteo è partito anche da porta san Paolo, staccandosi verso la fine dalla manifestazione dell’Anpi, per andare a rendere omaggio alla lapide che ricorda dieci donne uccise dai nazifascisti nel quartiere Ostiense.
Bandiere palestinesi in testa accanto a uno striscione per la «Resistenza antimperialista e antisionista», questa marcia non autorizzata – immediatamente sigillata in testa e in coda dalla polizia – è stata la risposta alla decisione dell’Anpi nazionale di cancellare il corteo dopo che la brigata ebraica ha deciso di non partecipare al 25 aprile partigiano. Ma è da leggere soprattutto come il contraccolpo dei fatti dell’anno scorso, quando il servizio d’ordine della brigata ebraica cacciò dalla parata le bandiere della Palestina e il comizio finale degenerò in rissa. Tutte le polemiche di questo 25 aprile hanno quella origine, la conclusione è stata che né la bandiera con la stella di David né le insegne dell’Associazione nazionale deportati nei campi nazisti si sono fatte vedere sul palco di porta San Paolo. «Si sono autoescluse», ha spiegato l’Anpi romana.

Ma con le rappresentanze ebraiche si sono tenuti lontani dal palco anche il sindaco di Roma e il presidente della regione. Zingaretti ha scelto di fare un rapido omaggio al luogo simbolo della resistenza romana prima di tutti, di buon mattina, in modo da non incrociare la manifestazione. Marino ha chiamato cittadini (pochini), turisti (molti) e la sua giunta (tutta) in Campidoglio, dove ha concluso cantando «Bella ciao». «Non solo non sono venuti dai partigiani, non hanno neanche mandato un messaggio», ha protestato il presidente dell’Anpi romana Nassi, ritrovatosi isolato dalle istituzioni. In ogni caso la staffetta partigiana Tina Costa, 90 anni, vice presidente dell’Anpi provinciale di Roma, è passata dal palco di porta San Paolo al Campidoglio, e lì ha trovato il modo di infilare in una manifestazione piuttosto asettica una mezza dozzina di omaggi ai partigiani comunisti.
Nel corteo che si è separato a sorpresa dal palco dei partigiani, accanto ai palestinesi, c’erano lo striscione di Rifondazione, diverse sigle di giovani comunisti e lo spezzone nero-arancio del comitato per il Donbass antinazista. Con al centro un eccellente coro di donne ucraine che ha cantato quella che tutti hanno preso per la versione russa di «Fischia il vento», prima di scoprire da Wikipedia che Katyusha è la melodia originale della canzone partigiana.
A Casal Bertone, nel pomeriggio, dietro alla Titubanda, un corteo di quartiere ha accompagnato tre corone di alloro e rose destinate alle lapidi in memoria dei partigiani. Prima nello storico palazzo dei ferrovieri di piazza De Cristoforis (set di Mamma Roma), dove abitò Virgilio Bianchini, ucciso dai fascisti nel ’44. Poi in via Efisio Cugia, per ricordare Giorgio Marincola, partigiano di padre italiano e madre somala, che la scelta di combattere contro i nazifascisti portò a morire in Val di Fiemme, a Stramentizzo, a guerra finita nel maggio del ’45.
Dal Pincio, sopra piazza del Popolo, un gruppo di antifascisti è riuscito a calare uno striscione con Benito Mussolini appeso a testa in giù e la scritta «Noi il 25 aprile lo ricordiamo così». Mentre le provocazioni fasciste non sono andate oltre una scritta nel quartiere Prati: «Onore alla repubblica sociale italiana». Alla sera, per il settantesimo, la parata di cantanti e attori per lo spettacolo in diretta Rai condotto da Fabio Fazio, il tutto dalla piazza del Quirinale. E il presidente Mattarella ha detto che «per noi democrazia oggi vuol dire anche battaglia per la legalità, vuol dire lotta severa contro la corruzione». Prima di saltare sul treno ad alta velocità.