«A Roma è un casino». La ricercata analisi politica è di Umberto Bossi, all’improvviso tornato a farsi sentire. Se alle primarie del Pd si stanno avviando sei candidati di cui almeno la metà improbabili, per la scelta del candidato sindaco a destra succede anche di peggio: non è ancora chiaro chi si candida né se ci saranno le primarie. La decisione di Berlusconi di puntare su Guido Bertolaso dovrebbe escluderlo, però adesso le primarie le vuole il capo della Lega. Venti giorni fa Salvini le aveva definite «una perdita di tempo», ma adesso deve inventarsi qualcosa per tornare in gioco, dopo aver prima tollerato e poi rumorosamente bocciato la scelta di Bertolaso. Ed ecco l’invenzione della «consultazione» fai da te, con il leader leghista sbarcato a Roma per il fine settimana. Ieri l’apertura degli scatoloni. Dai quali dicono sia uscito vincitore Marchini.

Ognuno può dare il valore che crede ai risultati «ufficiali» comunicati ieri dalla Lega, voti plurimi e correzioni di ogni genere essendo più che possibili. Ma ecco, «ufficialmente» avrebbero votato in oltre 15mila, 4.500 dei quali per Marchini. Al secondo posto con mille voti in meno Irene Pivetti, la rediviva ex presidente della camera a suo tempo leghista – che però «non è la nostra candidata», avverte Salvini. Seguono sui tremila voti Storace e sui duemila Bertolaso. «Gli davo anche di meno», è il commento di Salvini. Ma non è una dichiarazione del tutto ostile verso l’ex capo della protezione civile: «Prendo atto che c’è gente che ritiene che possa fare il sindaco». Tant’è che Bertolaso risponde: «Accolgo con piacere le dichiarazioni del segretario della Lega». Ma assicura: «Ribadisco ancora una volta e con più convinzione il mio impegno per Roma».

Non schioda, non a causa delle «consultazioni» leghiste. Anche se la vittoria di Marchini negli scatoloni è un segnale che il capo leghista intende mandare agli altri partiti del centrodestra. Traduzione: non chiedo un mio candidato ma non costringetemi a cedere su Bertolaso, accetterei il moderato Marchini. «Così nessuno vince e il centrodestra perde. Dobbiamo fare uno sforzo per stare insieme», dice apertamente Salvini. E chiede primarie «che non siano uno scimiottamento sfigato del Pd». Neanche troppo urgenti: «C’è tempo fino a pasqua, se ci sediamo intorno al tavolo un candidato unitario si trova». E c’è anche l’ipotesi che a Salvini in realtà interessi pochissimo sia di Bertolaso che di Roma, e stia semplicemente provando ad alzare il prezzo per avere più candidati sindaci della Lega nelle province del nord.
A Berlusconi naturalmente il movimentismo del leghista piace poco, e per tutto il giorno i dirigenti di Forza Italia ricordano a Salvini che la Lega ha firmato un patto al momento in cui è stato scelto Bertolaso. Ancora più in difficoltà è Giorgia Meloni, socia di Salvini nelle campagne più a destra ma già impegnata con Berlusconi nel sostegno a Bertolaso. Salvini dice di essere anche pronto a sostenere lei, ma lei al momento preferisce fare appelli agli altri. «Berlusconi e Salvini dicano se Bertolaso è il candidato unitario del centrodestra sì o no. Fratelli d’Italia si regolerà di conseguenza». Meloni non era sulle «schede» prestampate distribuite ai romani nei gazebo della Lega, così ha preso meno di mille voti: la prima degli «altri». Nella lista c’era invece Storace, che agli appelli aggiunge un ultimatum: «Si decida entro sabato o io mi candido in ogni caso».

E così, in attesa di capire verso dove, Bertolaso «va avanti». Anche lui, come tutta Forza Italia, non può che ricordare a Salvini che i giorni passano: «Non c’è più tanto tempo da perdere». Può aggiungere però una strizzata d’occhio verso le campagne più becere della Lega: «Tolleranza zero adesso è il mio slogan. Poi sarà il mio metodo di governo». Nel caso vincesse, s’intende.