Roma è medaglia d’oro al valor militare per la Guerra di Liberazione. Il decreto della Presidenza della Repubblica del 16 luglio 2018 ha conferito alla città la massima onorificenza, concludendo un lungo iter avviato dall’Anpi di Roma e dall’Anpi nazionale.

È un riconoscimento storico. A 74 anni dalla sua Liberazione la capitale vede riconosciuta e definitivamente legittimata la sua vicenda storica recente più importante: la Resistenza militare dei partigiani combattenti e quella civile del suo popolo sostenuta durante i drammatici 271 giorni di occupazione nazifascista dall’8 settembre 1943 al 4 giugno 1944.

Abbandonata dalla monarchia e dai generali fascisti in fuga dopo l’armistizio, Roma diede inizio alla Resistenza militare e civile che, conosciuta per la battaglia di Porta San Paolo, si estese in tante zone della città, caratterizzando poi tutti i nove mesi di lotta contro gli occupanti nazisti e i collaborazionisti fascisti.

È un riconoscimento che nelle motivazioni ufficiali richiama concetti, parole, fatti che legano il vissuto del popolo romano alla sua storia ed al senso pubblico e collettivo del suo significato.

Le «temerarie azioni di guerriglia partigiana»; i «rastrellamenti degli ebrei e del Quadraro»; le stragi delle Fosse Ardeatine, di Pietralata e de La Storta come guerra ai civili; le fucilazioni di Forte Bravetta; i luoghi di tortura di via Tasso e delle pensioni «Jaccarino» e «Oltremare»; la deportazione di oltre 2500 carabinieri, non fanno di Roma «solo» una città martire ma le restituiscono un carattere combattente e ribelle.

Le scrollano di dosso la polvere grigia delle vulgate «moderate» che l’hanno sempre rappresentata dormiente e attendista, e spazzano via le narrazioni «antipartigiane» di cui si sono nutriti il reducismo post-fascista e quella parte di società che nel portato valoriale della Resistenza ha sempre visto un pericoloso elemento di rottura della continuità su cui si erano storicamente fondati gli equilibri politici, culturali e di classe del nostro paese dall’unità nazionale in poi.

La Resistenza di Roma può finalmente mostrarsi nella sua dimensione polisemica, capace di declinare la misura asimmetrica del conflitto come fu la guerriglia urbana e la misura popolare della lotta come sua radice d’origine e ambito indispensabile di sopravvivenza. Una Resistenza che rovesciò il senso della storia che il fascismo aveva imposto con la forza ai ceti proletari della città che, espulsi dai quartieri popolari del centro storico per fare largo alla via dell’Impero ed all’urbanistica del regime, si riversarono in quelle borgate che diventeranno campo di battaglia, luogo di solidarietà e protezione dei partigiani combattenti, manifestando in modo fragoroso l’ingresso delle masse popolari nella grande storia della Roma contemporanea.

Una medaglia che rievoca nomi e volti delle figlie e dei figli migliori della nostra città: dalle quattro donne decorate dei Gruppi d’Azione Patriottica Carla Capponi, Marisa Musu, Lucia Ottobrini e Maria Teresa Regard al partigiano-bambino Ugo Forno ucciso in combattimento dai tedeschi in ritirata a soli 12 anni.

Ma la storia della Resistenza a Roma è composta da migliaia di episodi di lotta in ogni quartiere, in ogni strada, in ognuna delle otto zone operative in cui il Comitato di Liberazione Nazionale aveva diviso la città per organizzarvi la Resistenza armata contro i nazifascisti «per rendere impossibile la vita all’occupante».

Chi scrive queste righe ha curato la ricerca presentata al Ministero della Difesa che ha poi conferito la medaglia d’oro alla città e nelle centinaia di migliaia di pagine di documenti consultati ha trovato combattimenti, attacchi, sbandamenti, cadute, torture, tradimenti, solidarietà, fame. Ma soprattutto il coraggio, la paura vigile, la volontà ferma dei partigiani nel rivendicare la dignità propria e della propria città di fronte ad un nemico cento volte più forte, più armato, più spietato e coadiuvato dai «ragazzi di Salò» che aiutavano a torturare e uccidere, accompagnando i nazisti per le strade a caccia di antifascisti, ebrei, renitenti alla leva.

La medaglia d’oro è per tutti quelli che hanno rivendicato sempre con orgoglio la giustezza, il valore e la necessità della scelta. La scelta di combattere, «di stare a via Rasella perché ci volevo stare», come scrive il comandante del Gap «Pisacane» Rosario Bentivegna- di difendere il valore della Resistenza come momento vitale, indispensabile e necessario di un lungo processo di emancipazione sociale delle classi subalterne e di una compiuta libertà democratica per tutto il popolo italiano.

La storia lo aveva mostrato, da ieri è scritto in modo indelebile: Roma è antifascista.