La rassegna musicale dedicata a Massimo Urbani Il Jazz di Monte Mario si è concretizzata dal 27 al 29 marzo. Interamente finanziata dal municipio XIV di Roma e ad ingresso gratuito, l’iniziativa ha animato piazza Nostra Signora di Guadalupe dal tardo pomeriggio fino a sera ed ha visto partecipare soprattutto gli abitanti del quartiere nord della capitale. Molto si sono spesi la scuola di musica l’Esacordo ed il fratello di «Max», Massimo Urbani e il cugino Luciano; del resto da anni il batterista Ivano Nardi, amico del grande sassofonista, aveva letteralmente inventato rassegne nel quartiere come MoMa e i Venerdì del Jazz. Per tutti è stata una profonda soddisfazione riempire di musica luoghi che ha visto Massimo Urbani passare infinite volte e, purtroppo, celebrare i suoi funerali nel giugno 1993. Importante, poi, ascoltare dagli amministratori locali l’impegno sentito e concreto a rendere il festival un appuntamento annuale, per lasciare qualcosa in ambito culturale che vada al di là dell’ordinaria amministrazione.

Altre iniziative sono in campo per ricordare Massimo Urbani, la cui statura di jazzista internazionale è indiscussa: presto gli verrà intitolata una strada; verrà posizionata una targa nello slargo antistante l’ingresso di S.Maria della Pietà (lo storico manicomio fatto chiudere da Franco Basaglia ed oggi sede di varie attività, tra cui l’innovativo Museo della Mente). Insieme ad un liceo di zona (il Louis Pasteur) si sta studiando una app che si dovrebbe attivare passando davanti alla casa dove visse Max (via Agostino Dati; la famiglia Urbani era a Monte Mario fin dagli anni ‘30) per ascoltarne la biografia e la musica, con un effetto simile alle teche della parigina Cité de la Musique. Mentre a Camerino nel giugno 2015 si tiene la XIX edizione del Premio Internazionale Massimo Urbani – fortemente voluto dall’etichetta Philology di Paolo Piangiarelli – a Roma ci sono voluti vent’anni, nonostante il lavoro meritorio dell’Associazione M.Urbani, per giungere ad un’iniziativa che ha tutte le premesse per essere stabile e per conservare quell’aspetto global-local, così intimamente proprio del sassofonista romano.

Massimo Urbani aveva una visione amplia ed internazionale del jazz quanto era legato al proprio quartiere che aveva ed ha una fisionomia di piccolo paese con i bar, i punti di ritrovo degli amici. Sul palco, tra i tanti, hanno suonato con ispirazione e talento il Maurizio Urbani Sextet, con ottimi arrangiamenti di Mauro Verrone e la tromba di Giovanni Amato, l’Hammond Trio di Rosario Giuliani, il Ghost Trio che unendo la musica di Marco Colonna, Silvia Bolognesi ed Ivano Nardi alle parole di Carola De Scipio e di Cristina Di Patrizio (ha recitato/cantato una poesia di Davis S.Ware) hanno regalato uno dei momenti più alti della rassegna.

Jam session finale con il trio di Stefano Sabatini e vari ospiti tra cui Mario Corvini, Andrea Benventano, Verrone sulle note di Tenor Madness e di Walking Blue, un brano di colui che è stato definito «il padre del sax a Monte Mario: Tony Formichella»: sul palco c’era e suonava insieme agli altri, uniti da un vivido e vitale ricordo.

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