Se i dipendenti pubblici sfileranno in corteo per il contratto, i medici hanno deciso addirittura di raddoppiare: manifesteranno al mattino (da Repubblica a Piazza Venezia) con tutti gli altri, ma poi nel pomeriggio (ore 15, Santi Apostoli) resteranno in piazza per la difesa del sistema sanitario nazionale. Perché i tagli degli ultimi anni hanno già decimato i servizi, ma con la legge di Stabilità del governo Renzi certo le cose non sono destinate a migliorare, purtroppo. Medici e infermieri sono costretti a turni spesso massacranti, e questo non solo fa male a loro, ma soprattutto danneggia la qualità delle prestazioni e mette a rischio la salute dei pazienti: l’applicazione della normativa Ue sui riposi, arrivata finalmente in porto il 25 novembre dopo ben 23 anni di ritardo e ripetute sanzioni al nostro Paese (le regole di Bruxelles risalgono al 1993), potrà forse migliorare le condizioni di lavoro, ma rischia però di far chiudere tanti reparti e servizi perché improvvisamente ci si renderà conto dei buchi di organico, finora tappati alla bell’e meglio da un ricorso abnorme agli straordinari.

«La soluzione sta sicuramente nella riorganizzazione di orari e turni, ma se non vogliamo impoverire ulteriormente l’offerta del pubblico non possiamo passare che da una sola parola: assunzioni» ci spiega Antonio Mazzarella, chirurgo e dirigente medico del Policlinico di Bari, segretario regionale della Cgil Medici. «Faccio l’esempio della Puglia: la Regione dichiara la necessità di 600 medici, e noi riteniamo che ci vorrebbero almeno 3 mila infermieri per offrire un servizio adeguato dopo che le norme Ue verranno pienamente applicate. Dal 2010 al 2013, con il piano di rientro, sono stati chiusi 22 ospedali e tagliati 2 mila posti letto. Oggi ne sopravvivono 40, ma il presidente Michele Emiliano ha dichiarato che tra i 25 e i 27 sono a rischio chiusura, visto che gli altri 13-15 erogano da soli l’80% dei servizi. Ora: noi possiamo anche essere d’accordo sul fatto che si convertano alcuni ospedali poco utilizzati in poliambulatori e case della salute, ma se questo progetto resta sulla carta, e tu soltanto chiudi e tagli, senza offrire delle alternative, il risultato è che il paziente poi trova il deserto nel proprio territorio».

Tra l’altro, denuncia ancora la Cgil, mentre da un lato gli ospedali pubblici continuano a chiudere reparti e a cassare posti letto, quelli dei privati aumentano. E la Puglia ha conosciuto più di uno scandalo sanitario negli ultimi anni. Il sindacato sta monitorando in tutto il territorio nazionale l’applicazione delle norme Ue sui riposi: almeno 11 ore di stop dopo un turno notturno, almeno 13 dopo uno mattiniero/pomeridiano; massimo 48 ore di lavoro a settimana, che possono arrivare in casi straordinari a 52, con il patto che poi recuperi con un’altra di 44.
«Ti chiudo il reparto, e poi vediamo che fai». «Ti nego le ferie». Starebbero rispondendo così, diversi dirigenti delle Asl, ai medici che chiedono l’applicazione rigorosa delle norme sui riposi. L’orario standard di un medico sarebbe di 38 ore a settimana (6,20 ore al giorno), con un riposo settimanale obbligatorio di 24 ore, ma negli anni gli abusi si sono visti, eccome: «Molti di noi, per mancanza di personale, fanno fino a 60-70 ore settimanali – spiega Mazzarella – e fino a 12 e più ore al giorno». E d’altronde tra i nostri dottori gira un detto: se ti assiste un chirurgo che ha appena fatto 20 ore di lavoro, è come se ti stesse operando un ubriaco.