Di Mafia Capitale si conosce il «sistema Buzzi-Carminati», ma non la condizione degli operatori che lavorano nei centri di accoglienza per migranti e rifugiati. Sono giovani professionisti esperti: psicologi, educatori, assistenti, insegnanti. Una stima precisa su quanti siano non c’è, ma tra cooperative e consorzi che operano nel settore a Roma sembra che siano all’incirca duemila. Dopo lo tsunami degli arresti e delle indagini, lontano dai riflettori e nell’impotenza della politica, la loro condizione già precaria è peggiorata. La maggioranza denuncia ritardi del pagamento degli stipendi, da quattro a sette mesi in media. Alcuni non sono stati nemmeno pagati, a volte per la chiusura dei progetti, altre per inadempienza della loro cooperativa.

In questa situazione si trovano molti degli operatori della cooperativa «Il Sorriso», che a dicembre 2014 divenne nota perché oggetto degli attacchi ai rifugiati ospitati in una sua struttura a Tor Sapienza. Con la seconda tranche di Mafia Capitale i vecchi vertici sono stati coinvolti nelle indagini. Successivamente alcune sue strutture sono state incendiate da anonimi. Con il sostegno delle Camere del Lavoro autonomo e precario (Clap) che garantiscono il supporto legale e quello politico-sindacale, ieri hanno deciso di uscire dall’oscurità e di manifestare sotto l’assessorato alle Politiche sociali di Roma Capitale dove hanno avuto un primo incontro con lo staff dell’assessora Francesca Danese. Hanno avanzato la richiesta di ottenere le retribuzioni per il lavoro svolto nei progetti di cui il comune è capofila e la garanzia di un’accoglienza degna in strutture efficienti per i rifugiati. Una precisazione non secondaria. Gli operatori infatti denunciano inadempienze del servizio in luoghi che non hanno corrente elettrica o riscaldamento, chi fugge dalle guerre può essere accolto in questi posti a Roma. L’assessorato si è mostrato disponibile. Torneranno a incontrarsi.

Interessante è il racconto che questi lavoratori fanno del proprio lavoro. «Gli stipendi vengono erogati sporadicamente, arbitrariamente e in maniera differita -scrivono in un comunicato in cui si parla anche di sottomansionamento e di lavoro senza contratto– 4 mesi di arretrati per la “Casa delle mamme», fino a sei mesi per il servizio Sprar, nessuna retribuzione per il progetto “Astra” che vede capofila Roma Capitale». Tutto questo è avvenuto mentre «la cooperativa continuava a vincere e gestire progetti per l’accoglienza di migranti in tutta Italia, distogliendo le risorse per gli stipendi verso nuovi discutibili investimenti».«A fronte delle mancate retribuzioni e del silenzio della cooperativa al riguardo, i lavoratori e le lavoratrici hanno comunque continuato a svolgere il proprio lavoro garantendo i servizi alla persona e tutelando i destinatari».«Si è arrivati a praticare forme di mobbing verso chi ha provato a far valere i propri diritti». Al Comune le Clap e i lavoratori hanno rinnovato l’invito a monitorare il sistema degli appalti a cui affida i suoi servizi e gestire direttamente i fondi a disposizione. Spesso sono subappaltati e nessuno verifica che i diritti dei lavoratori e degli utenti siano rispettati.

La testimonianza si chiude con un atto di accusa contro la gestione della forza-lavoro «mirata allo sfruttamento delle risorse umane e accompagnata da pratiche lesive dei diritti». Una descrizione drammatica della condizione del lavoro e del sistema della solidarietà in una parte non marginale del terzo settore.

****** Le immagini del sit-in “A voi un sorriso, a operatori e utenti non resta che piangere?”

 

*** Inchiesta: L’altra faccia di Mafia capitale ***

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