Entro la fine del mese, è la voce che circola al Campidoglio, Virginia Raggi dovrebbe incontrare Matteo Salvini. Forse il faccia a faccia avverrà già nella prossima settimana. I due dovrebbero visitare un campo rom e con ogni probabilità parleranno anche di sgomberi. Si annuncia un’estate caldissima e non è detto che il ministro dell’interno non voglia aprire il fronte romano. Raggi ha già avuto contatti con il «governo amico», che dovrebbe aiutare l’amministrazione grillina a superare le emergenze di strade, rifiuti e trasporti. Ballano quasi tre miliardi di euro che Di Maio ha promesso alla sindaca lo scorso 10 luglio.

Incombe un’emergenza altrettanto stringente: la casa. Si calcola che a Roma circa diecimila persone vivano in palazzi occupati dai movimenti di lotta, che almeno altrettante siano in graduatoria per avere un alloggio popolare e che trentamila nuclei rischino lo sfratto. Gli strumenti per intervenire ci sarebbero. Dopo anni di battaglie, la Regione Lazio ha messo sul piatto 200 milioni di euro da spendere per il diritto alla casa. Il Campidoglio può disporre di questi soldi, ne ha una parte già a disposizione, ma a dir poco traccheggia.

Il motivo è che, in nome di un astratto principio di «legalità», la giunta grillina non vuole saperne di riconoscere nelle graduatorie i diritti degli occupanti di case, previsti invece nella delibera regionale che stanzia i quattrini. Due giorni fa, dopo mesi di melina, l’assessore comunale alle politiche abitative Rosalba Castiglione ha incontrato le parti sociali. Si tratta di un cartello ampio e plurale, che coinvolge i movimenti e la Cgil, associazioni studentesche e quelle di inquilini, comitati e sindacati di base. Castiglione ha di nuovo alzato un muro. Rottura totale, al punto che la controparte ha chiesto le dimissioni dell’assessore. «La giunta 5 stelle si dimostra incapace di amministrare la città, continuano a fare propaganda sterile e arrogante – spiegano – È un atteggiamento irresponsabile che abbiamo deciso di sottolineare uscendo dall’assessorato». La coalizione chiama alla mobilitazione: «Come ‘aggregato anomalo’ di sindacati, associazioni di categoria, studenti, movimenti per il diritto all’abitare e per la rigenerazione urbana, risponderemo con tutte le forme democratiche di mobilitazione e di protesta consentite, nessuna esclusa. E chiediamo alla Regione Lazio un confronto per dare risposte a chi vive da troppi anni in condizione di disagio e sofferenza».

Dall’assessorato è emerso che gli occupanti sgomberati finiranno in strutture di accoglienza temporanee, posti di solito riservati alle emergenze sociali estreme, rischiando separazioni familiari e andando incontro all’abbandono forzato di rapporti sociali consolidati. Nasceranno altri ghetti e nuove esclusioni. Al contrario, le tante occupazioni romane sono espressione di organizzazione di un bisogno, tutt’altro che espressione di marginalità sociale. Da queste esperienze sono nate forme di welfare autogestito e sperimentazioni culturali riconosciute. L’8 luglio decine di persone a bordo di due bus hanno fatto un giro delle occupazioni. Tra di esse c’era pure il vicesindaco e assessore alla cultura Luca Bergamo. Ora che si tratta di arrivare al dunque, però, l’amministrazione romana pare non volerci sentire. Così, mentre Castiglione sbarra la strada ad ogni soluzione, Raggi lancia il Piano per la locazione e la valorizzazione del patrimonio disponibile. L’operazione viene presentata dalla sindaca come misura di contrasto agli scandali di «affittopoli». Ma con la scusa della lotta alla corruzione si disegna una città poco inclusiva. Le case verranno affittate a prezzi di mercato e gli affitti saranno sganciati dalle condizioni di reddito dei potenziali locatari. Domanda Fabrizio Ragucci, segretario romano dell’Unione Inquilini: «Perché un cittadino a basso reddito non potrebbe vivere al centro di Roma?».