C’è una buona notizia che ne nasconde una cattiva, quantomeno preoccupante. Il consiglio del municipio III di Roma, fetta di territorio a nordest della capitale in cui vivono 205 mila persone, ieri ha approvato la nascita della «Casa dei diritti e delle differenze di genere». Lo spazio sarà intitolato a Carla Zappelli, la mamma di Valerio Verbano, il militante diciottenne ucciso davanti ai suoi genitori nel 1980 da un commando neofascista. Solo che nelle pieghe di questa decisione c’è un messaggio politico chiaro, rivolto al presidente del municipio Giovanni Caudo. L’urbanista ed ex assessore della giunta Marino esattamente un anno fa era stato eletto alla guida di una coalizione di centrosinistra alle elezioni suppletive che avevano seguite la caduta della giunta grillina per contrasti interni. Da allora, con la sua squadra sperimentano una forma amministrativa aperta, che ieri ha subito una sorta di sabotaggio interno alla sua maggioranza. Proprio nel contesto dell’approvazione della delibera che istituisce la Casa dei diritti è passato un emendamento che limita l’accesso alla struttura e chiede una certificazione dei soggetti coinvolti nel progetto, con i voti favorevoli del Pd, in alleanza con Fratelli d’Italia, Lega e del Movimento 5 stelle.

Il segnale è rivolto proprio alla dinamica allargata e partecipativa che si è innescata nel municipio. Caudo lo definisce senza mezzi termini un «atto politico ostile»: «È l’ulteriore dimostrazione dell’atteggiamento proprio di chi intende la politica in modo asfittico – denuncia – non in grado di accogliere il bisogno di prendere parola, di partecipazione e di coinvolgimento che si respira nella città». Tra gli elementi anomali dell’esperimento condotto da Caudo c’è Christian Raimo, scrittore reclutato come assessore alla cultura. «La giunta municipale sta lavorando bene – spiega Raimo – Si è creato un rapporto di fiducia con il territorio anche attraverso ‘Grande come una città’, un progetto di partecipazione allargata, aperta, dal basso e multiforme. Quello che sempre si evoca per la sinistra sta accadendo nel nostro municipio: in nemmeno un anno abbiamo fatto 200 incontri e sono nati due collettivi sulle questioni di genere». E allora? Raimo la sintetizza così: «Succede che è come se il Pd, che con noi governa questo territorio, avesse detto ‘Viva la partecipazione, ma decidiamo noi chi partecipa».

«Oggi nasce uno spazio che accoglierà servizi istituzionali, e progetti di soggetti associativi e cooperativistici per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere e della violenza omofoba, alle molestie e discriminazioni nei luoghi di lavoro, per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, per la promozione dell’educazione sessuale e sentimentale», dice l’assessora a politiche educative, pari opportunità e partecipazione Claudia Pratelli. La quale constata: «Insieme alle ricchezze del possibile ci sono, immancabili, le miserie del presente». Denuncia, Pratelli, la «visione politica corta di chi immagina che le politiche sociali non debbano innervarsi nel corpo sociale. Una paura davvero incomprensibile, da parte di forze progressiste, quella per la mobilitazione delle donne». Infine, i consiglieri del Pd esultano per la nascita della Casa e ringraziano, oltre alla maggioranza di cui in teoria farebbero ancora parte, anche l’opposizione. Per la «scelta coraggiosa».