Raffaele De Dominicis non sarà assessore al Bilancio a Roma. Lo ha annunciato la sindaca Raggi, a metà pomeriggio, spiegando che l’ex procuratore generale della Corte dei Conti non dispone dei «requisiti previsti dal M5S». Nessun chiarimento ulteriore. Solo una nota ovvia: «Siamo già al lavoro per individuare una nuova figura». Più tardi arriverà la notizia che De Dominicis è indagato per abuso d’ufficio, il che spiega la decisione di Virginia Raggi ma fino a un certo punto.

Pare infatti che, pur indagato, De Dominicis non abbia ancora ricevuto l’avviso di garanzia e che si trovi pertanto nella stessa situazione di Paola Muraro, l’assessora all’Ambiente difesa a spada tratta dalla sindaca. Se davvero l’assessore lampo risultasse solo indagato, sarebbe autorizzato il sospetto che dietro la defenestrazione immediata ci sia qualcosa di più.

Sta di fatto che ieri mattina, alla 7, Maurizio Gasparri aveva profetizzato la caduta di De Domenicis. Nel pomeriggio la ha poi spiegata affermando che «chi vuole amministrare Roma lo faccia senza cappucci». E poi, nel timore di non essere stato abbastanza esplicito: «Serve un esperto di legge, non di logge». È possibile che quelle di Gasparri siano parole in libertà, anche se ieri mattina non era il solo ad alludere alla massoneria.

Ma è anche possibile, per non dire probabile, che le dimissioni siano frutto di un accordo stretto tra Grillo e Raggi. Ieri mattina i due si sarebbero sentiti e forse anche visti in gran segreto. In cambio del sostegno del leader anche sulla permanenza dell’assessora Muraro e dell’affrancamento della sindaca dal mini-direttorio romano, la Raggi avrebbe concesso lo spostamento dei due dirigenti invisi, Marra e Romeo, ma anche la rinuncia a De Dominicis. Sarebbe anzi stato proprio Grillo ad avvertirla che l’assessore in pectore non disponeva dei requisiti necessari, cioè di fatto a suggerire una via d’uscita onorevole per metterlo alla porta.

La mazzata comunque è arrivata proprio quando la sindaca sperava di essere uscita dalla tempesta. In mattinata aveva presenziato alle celebrazioni dell’8 settembre, aveva incassato la sua dose preziosa di applausi dalla folla, aveva ostentato tranquillità e negato che ci fosse bisogno dell’incontro con Grillo, rimasto nella Capitale per completare l’opera di mediazione. Incontro che invece c’era probabilmente già stato. Soprattutto, la sindaca aveva ottenuto un appoggio imprevisto e prezioso: quello dei vescovi. L’editoriale di Avvenire, il quotidiano della Cei, ha infatti bersagliato il «coro unanime degli altri partiti e dei mass media lesti a sparare sulle inadeguatezze del Movimento», concludendo che dopo anni di malagestione, «il tempo passato è troppo poco» per dare il benservito a Virginia Raggi.

Tutto apparentemente bene. E invece subito dopo pranzo sono arrivate le dimissioni del mini-direttorio romano composto da Paola Taverna, Fabio Castaldo e Gianluca Perilli. Ma le dimissioni erano nell’aria, sia perché Grillo ha deciso di lasciare ampia autonomia alla sindaca dal cui successo dipendono ormai le sorti dell’intero movimento sia perché in questi mesi il mini-direttorio che avrebbe dovuto guidare la sindaca ha dimostrato di essere controproducente.

Nessuna ipotesi di intervento sul Direttorio propriamente detto, invece. Ieri mattina se ne parlava molto. Qualcuno, soprattutto tra i senatori, ne chiedeva l’allargamento, qualcun altro una revisione delle deleghe. Dopo l’incontro all’Hotel Forum con i direttori, esclusa Carla Ruocco che dalla vicenda di questi giorni è uscita tanto scontenta quanto insoddisfatta, il capo ha invece ribadito, con parole in schietto stile vaffa, piena fiducia al Direttorio: «Basta martellate sui coglioni. Barra dritta e pedalare». Certo, un terremoto di questa portata non può passare senza conseguenza. Oggi nei vertici a 5 stelle Di Battista è certamente più forte, Di Maio più debole, il fronte anti Raggi furioso.

Ma l’urgenza non è questa. L’urgenza è uscire fuori il prima possibile dalla giostra impazzita del Campidoglio. Per la postazione chiave dell’assessorato al Bilancio girano i nomi dell’economista Nino Galloni, figlio dell’ex leader Dc, e di Antonio Di Pietro. Il chiacchieratissimo Marra verrà spostato, non al Commercio ma al Personale. È una posizione ancora di notevole potere, ma Raggi fa sapere che si tratta di una soluzione temporanea. Infine il caso Muraro: ieri si è diffusa la notizia, non confermata, delle dimissioni presentate dall’assessora nei giorni scorsi e rifiutate dalla sindaca, comprensibilmente terrorizzata dall’incubo di ritrovarsi senza vertici Ama e senza assessora all’Ambiente. Ma pare evidente che anche la permanenza della ex consulente Ama in giunta possa essere solo una soluzione temporanea.