Siamo fiduciosi. Gli avvocati hanno riportato in modo chiaro gli elementi che possono inequivocabilmente indicare che il periodo di raccolta delle firme rispetta i 180 giorni. Venerdì avremo la sentenza». Ieri mattina sono stati consegnati i ricorsi contro l’esclusione delle due liste di Stefano Fassina per il comune (Sinistra per Roma e Civica per Fassina) e di quelle per tutti i municipi (tranne il IV, regolarmente ammesso). Nel frattempo lui, Fassina, non annulla le iniziative della campagna elettorale. Ieri era a Testaccio per un’assemblea, oggi sarà ad Ostia con Gianluca Peciola, ex capogruppo di Sel al comune e fra i più votati a sinistra nel 2013.

Il conto alla rovescia è partito. Il Tar si riunirà venerdì mattina e, come prevede la legge, nel pomeriggio renderà pubblica la sentenza. Se il verdetto dovesse essere negativo lunedì c’è la possibilità di ricorrere al Consiglio di stato. Ma il team dei legali è moderatamente ottimista. «Il nostro ricorso è fondato. Abbiamo una prova che le autenticazioni siano state eseguite entro la parentesi dei 180 giorni dalle elezioni, così come stabilito dalla legge», spiega l’avvocato Pietro Adami. La vicenda è ormai nota: la vicepresidente del IV municipio che ha ’dimenticato’ alcune date sui moduli è diventata ’soggetto autenticatore’ il 29 dicembre 2015; il decreto di indizione del voto è stato varato l’8 aprile 2016: «E allora, dal momento che i verbali autenticati recano tanto l’indicazione della qualità di vicepresidente del municipio quanto la data fissata delle elezioni, i verbali non possono che essere stati formati entro i 180 giorni previsti dalla norma». Dunque l’assenza della data «non è una carenza in grado di compromettere le garanzie e le finalità sostanziali».

Se fosse riammessa la «lista madre», quella per il comune, sarebbero riammesse anche le liste dei municipi, saltate perché collegate alle firme della prima. Ma Adami è fiducioso anche sulla base di un altro ragionamento: «In questi anni c’è stata un’evoluzione della giurisprudenza in senso meno formalistico e più sostanziale; l’esclusione del candidato lederebbe e di molto il diritto dei cittadini di scegliere il proprio rappresentante. In più va tenuto conto che in questa tornata elettorale il decreto di indizione delle elezioni è stato ritardato fino all’11 aprile: quindi i partiti hanno avuto solo 24 giorni per raccogliere le firme».

La sinistra romana incrocia le dita e conta le ore. In ogni caso Fassina avrebbe già pronto un suo «Piano B»: per dopo i ballottaggi aveva in programma di convocare un’assemblea con tutti gli elettori di «sinistra per Roma» per trasformare la lista in una «Costituente di sinistra», «un vero e proprio soggetto politico». Se i ricorsi andassero male – ma al comitato di Torpignattara si fanno gli scongiuri qualsiasi allusione all’eventualità – quest’assemblea sarebbe anticipata alla prossima settimana. Comunque l’obiettivo dell’unità di quest’area è esplicito da sempre. Fassina lo ha annunciato pubblicamente negli scorsi giorni, prima della doccia fredda dell’esclusione. E lo ha ripetuto anche nella riunione del comitato domenica scorsa, a botta calda. Certo, il profilo di questo «soggetto politico costituente» è ancora tutto da definire e in Sinistra italiana i punti di vista sono diversi.

Molto dipenderà anche dalla scelta di dove indirizzare i voti, al ballottaggio o prima, se dovesse essere necessario. Tutti i candidati si sono impegnati a rispettare una decisione collettiva. Ma in queste ore l’argomento è tabù, almeno a taccuini aperti. Per tutti, tranne che per lo strabordante Luigi De Magistris. Ieri il candidato sindaco di Napoli ha spiegato di essere dispiaciuto per l’esclusione di Fassina: «Nello scenario attuale voterei sicuramente Virginia Raggi». Una strizzata d’occhio ai 5 stelle partenopei. Che molti supporter di Fassina condividono. Non tutti. Ma a Roma ogni discussione è rimandata a dopo la sentenza del Tar.

Nella sede di Sel per ora si accendono ceri. Martedì si è riunita una segreteria nazionale. L’orientamento è quello, ovvio, di augurarsi il rientro in corsa. Nel malaugurato caso contrario il partito e le associazioni d’area potrebbero concentrare tutti i loro sforzi sull’ottavo municipio, quello del quartiere rosso di Garbatella, dove è candidato presidente Andrea Catarci, il presidente uscente le cui due liste hanno passato il vaglio della commissione elettorale. Perché, a differenza di altri candidati presidenti, Catarci ha deciso di raccogliere le firme e non ’appoggiarsi’ alla raccolta per le «liste madri» del comune. La ’battaglia di Garbatella’ contro Pd e 5 Stelle, potrebbe diventare una scelta simbolica per segnare almeno una presenza nella città.