Sono venticinque minuti agitati quelli vissuti allo scoccare della seconda notte di coprifuoco in un piccolo pezzo di Roma. Tra piazza del Popolo e Ponte Matteotti vengono esplosi petardi, incendiati cassonetti, lanciate bottiglie e soprattutto gettati per terra monopattini elettrici e motorini (sia elettrici che a benzina).

L’appuntamento inizia alle 23 sotto l’obelisco Flaminio, convocato da un volantino virtuale che si intitola «FATE GIRARE» ed è firmato «condividete». In mezzo la frase: «Finalmente stiamo cacciando le palle». Pochi minuti prima dell’orario indicato, il leader romano di Forza Nuova Giuliano Castellino parla circondato dai giornalisti e si scaglia contro i giornali che diffondono fake news.

Giuliano Castellino (Fn) parla circondato dai giornalisti, foto di Giansandro Merli

La mobilitazione è stata convocata dai neofascisti, che il giorno precedente hanno sfilato in 20 partendo da Piramide con un lungo striscione. «Svejateve, ce stanno a leva’ la libertà», si sente dirgli in un video. Intanto dai balconi piovono insulti.

A piazza del Popolo, invece, sono circa 200. Per un’ora la folla rimane completamente muta. Un tricolore verticale sventola tra i volti torvi e un altro orizzontale viene appeso sulle scalette sotto l’obelisco. Qualcuno non usa la mascherina, qualcun altro ci si nasconde dietro.

Manifestanti in piazza del Popolo, foto di Giansandro Merli

Blindati e agenti presidiano gli ingressi di via di Ripetta, via del Corso e via del Babuino. C’è poi un ampio strato di giornalisti con taccuini e telecamere. Infine, in un pezzetto di piazza, i veri e propri manifestanti.

A un certo punto due signore aprono un asciugamano giallo tra il gruppo dei giornalisti e quello di chi protesta. I microfoni si avvicinano. I flash delle telecamere si accendono. Iniziano a parlare. Una donna racconta di essere una ex dipendente in nero di un bar situato nei dintorni, l’altra la proprietaria di sei ristoranti al centro. Operaia e datrice di lavoro, insieme, sedute per terra a denunciare il rischio di fallire.

Se la scena sia costruita a uso e consumo della carta stampata o sia invece genuina non è dato saperlo. Le due donne rimangono sul vago quando viene loro chiesto il nome dei rispettivi luoghi di lavoro. In ogni caso i temi che sollevano sono reali. «Senza lockdown siamo aperti, ma con le misure restrittive non guadagniamo niente e dobbiamo comunque pagare affitto, bollette, personale. Non siamo contro i provvedimenti per fermare il contagio ma serve il sostegno economico», dice la proprietaria dei ristoranti.

Se in questa piazza si vuole cercare un contenuto sociale, inizia e finisce lì, su quel metro quadrato di asciugamano giallo. Dietro, disconnessi, ci sono i militanti di Forza Nuova. Oltre a Castellino c’è Roberto Fiore, il segretario del «partito». Insieme ai forzanovisti, che su Roma in totale ammontano a poche decine, ci sono altri gruppuscoli dell’estrema destra. Qualche ultrà di Roma e Lazio, dice chi conosce facce e composizione delle curve.

Piazza del Popolo, partono i fuochi d’artificio, foto di LaPresse

Quando l’orologio segna le 23.59 ai due lati della piazza partono due batterie di fuochi d’artificio. I rumori, le luci, il tricolore che sventola. In molti alzano i cellulari per riprendere la scena. Compresi diversi celerini. Intanto i manifestanti approfittano della confusione e iniziano a correre e lanciare oggetti.

Un gruppetto va in bocca al cordone di agenti ma torna subito indietro. La maggior parte volta le spalle ed esce dalla piazza attraversando gli archi, verso la metro Flaminio.

Su via Luisa Di Savoia vengono incendiati due cassonetti. Lì vicino sfreccia a tutta velocità un camioncino dell’Ama carico di spazzatura. Fa un movimento irrazionale e per un secondo pare sia in mano ai manifestanti, invece dentro c’è una lavoratrice che si è trovata circondata e ha avuto paura. Quando riesce a fermarsi scoppia a piangere.

Intanto il gruppone si divide e una parte imbocca via Giandomenico Romagnosi. Una strada buia dove ci sono cassette di acqua di Nepi e Panna-San Pellegrino. Dentro, le bottiglie: vetro verde e spesso. Dopo la rapida fuga rimarrà un tappeto di cocci.

Via Romagnoli dopo gli scontri, durati pochi minuti, foto di Giansandro Merli

 

Via Romagnoli dopo gli scontri, durati pochi minuti, foto di Giansandro Merli

Mentre il grosso della folla punta verso Ponte Matteotti, di fronte al ministero della Marina, la polizia effettua i primi due fermi. Uno è un ragazzo con i capelli lunghi che in piazza sembra l’ultimo arrivato. Quando l’agente gli stringe le manette ai polsi, con le braccia dietro la schiena, ha già gli occhi lucidi.

Sul Lungotevere, intanto, il bersaglio principale rimangono i monopattini elettrici, buttati per terra in maniera sistematica, con accanimento. Dietro i blindati che inseguono quello che si è ormai ridotto a un gruppetto rimangono manifestanti sciolti che si disperdono. Un ragazzo prova con insistenza a spostare in mezzo alla strada un cassonetto, ma lui è solo e quello pesa troppo.

Alle 00.25 le camionette fanno inversione a U su Ponte Matteotti e vanno a eseguire nuovi ordini. Qualche altro cassonetto sarà rovesciato, pare fino a piazza Mazzini, e saranno eseguiti nuovi fermi. Dieci in totale secondo la questura. Il tutto è durato 25 minuti, ha coinvolto meno di 200 persone e si è esteso per 1.400 metri. La rivolta contro la «dittatura sanitaria» si esaurisce in questo. Poca cosa. La sommossa popolare di Napoli è lontana.

Piazza del Popolo alle 00.30, foto di Giansandro Merli