Roky Erickson (71), scomparso lo scorso 31 maggio, è stato un vero alieno psichedelico. Cantava, suonava la chitarra, scriveva i pezzi ed era il leader dei texani (di Austin) 13th Floor Elevators, band al cuore della psichedelia Usa; ed è stato anche uno splendido e immaginifico artista solista. Musicista visionario, letteralmente consumato dall’abuso di droghe e affetto da schizofrenia, Erickson ha trascorso la vita tra canzoni e ospedali psichiatrici, scrivendo classici del rock come You’re Gonna Miss Me (una prima versione l’aveva incisa con gli Spades), pezzo con cui i 13th Floor Elevators debuttarono. Se pure si fosse fermato lì, il suo nome sarebbe stato comunque intagliato nella storia del rock.
CRUCIALE 
Quello sarà un brano cruciale per lo sviluppo di garage rock e suoni psichedelici. Fondamentale – lì e altrove – l’approccio vocale dell’artista, con quelle urla improvvise, l’impasto rauco, inquieto, inquietante, accompagnato sempre da suoni tempestosi e testi quasi alieni spesso intrisi di rimandi ai suoi film horror preferiti (nel 1995 Henry Rollins pubblicherà con la sua casa editrice una formidabile raccolta di testi di Erickson). Con quattro album alle spalle – i primi due, The Psychedelic Sounds of the 13th Floor Elevators (1966) e Easter Everywhere (1967), considerati vette della psichedelia – Erickson e band hanno forzato i limiti di un genere che grazie a loro continua a esercitare un’enorme influenza.
L’ORA DEL JUG
Quei dischi – sorretti dal rumore sinistro del caratteristico vaso (jug) elettrificato di ceramica (con un microfono sopra l’imboccatura e Tommy Hall a soffiare e modulare suoni) – aprono le porte della percezione non solo di chi ascolta ma degli stessi generi che li caratterizzano: è un blues/folk/rock lisergico che suona unico e imperdibile. Veri capolavori. E poi Erickson, irripetibile. Tanta è stata la portata artistica del musicista – alla cui instabilità mentale verrà dedicato nel 2005 (poi premiato nel 2007) il documentario You’re Gonna Miss Me – che nel 1990 era uscito Where the Pyramid Meets the Eye: A Tribute to Roky Erickson, omaggio alla carriera dell’artista a cui avevano partecipato, tra i tanti, dai R.E.M. ai Primal Scream, da T-Bone Burnett agli ZZ Top, da Julian Cope a The Jesus and Mary Chain, tutti nomi profondamente influenzati dal rocker. Dagli anni Settanta in poi, Erickson era tornato sul palco e aveva inciso una sfilza di album accompagnandosi a band come The Aliens, The Explosives, The Resurrectionists. Riascoltare dischi come Roky Erickson And The Aliens (1980) o The Evil One (1981) o meglio ancora le ristampe successive (l’altro The Evil One dell’87) che attingevano da quegli album, è una discesa instabile tra demoni e spiriti luciferini, vampiri, zombie e coccodrilli. Intorno un rock blues sostenuto che in pezzi come I Think of Demons o Don’t Shake Me Lucifer si scioglie in descrizioni quasi carnevalesche: diavoli con zanne, occhi diabolici e braccia a forma di tubi neri. Lucifero c’è sempre nella testa di Erickson – e se non è lui è sempre pronto un altro demone (peraltro demon è tra le sue parole più ricorrenti) – è il custode di mondi in cui i mostri letti e visti sullo schermo dal rocker si animano. Ogni pezzo è una possibile sceneggiatura horror. Così in Night of the Vampire: «Se piove e stai correndo, non scivolare nel fango perché se succede, scivolerai nel sangue, stasera è la notte dei vampiri». Mentre nella più nota If You Have Ghosts (rieseguita nel 2013 dagli svedesi Ghost), «Se hai gli spiriti allora hai tutto, puoi fare e dire qualsiasi cosa». Poi spunta una luna e «zanne non troppo lunghe». In giro un acre odore di licantropia.
LA DIFFERENZA
La differenza, ad esempio, con Alice Cooper – con i cui suoni ci sono anche punti di contatto (si riascolti l’album Killer di Cooper) – è che laddove quest’ultimo inscena teatralmente l’horror, Erickson, al contrario, è l’horror, aspira l’ascoltatore nella sua mente e lì dentro è affollatissimo di mostri e figure terribili. E così fino a opere soliste come Don’t Slander Me (1986) capaci di mettere in fila rock furioso, Buddy Holly e impensabili ballate. Nel 2010 uscirà True Love Cast out All Evil, il suo ultimo album inciso con i texani Okkervil River.
Poi nel 2015 una reunion dei 13th Floor Elevators a Austin a cui aveva partecipato anche il figlio Jegar. Con Erickson che per l’ennesima volta confermava di esserci, ma sempre a modo suo, insondabile nei suoi umori e nei suoi modi, un personaggio-culto venerato da schiere di rocker e fan, da sempre e forse per sempre. Perché come ha dichiarato Billy Gibbons, frontman degli ZZ Top, alla rivista Billboard: «È quasi impossibile pensare a un mondo senza Roky Erickson».