La prima delle cinque petroliere iraniane in viaggio verso i Caraibi dovrebbe entrare nelle acque venezuelane oggi, con una spada di Damocle pendente, il minacciato intervento Usa per impedire la consegna a Caracas di 1,5 milioni di barili di combustibile.

Contro l’amministrazione Trump ieri ha parlato il presidente iraniano Rohani: «Se le nostre petroliere nei Caraibi o in qualsiasi altra parte del mondo avranno problemi a causa degli americani, loro saranno nei guai».

«L’Iran non inizierà mai un conflitto – ha aggiunto – Abbiamo il diritto a difendere la nostra sovranità». Da Washington non sono giunte minacce ufficiali, se non quelle di funzionari che hanno paventato interventi (navi da guerra sarebbero e già nei mari caraibici, anche in virtù dell’incriminazione da parte degli Usa di Maduro per traffico di droga) per far rispettare il regime di sanzioni che pesa su Teheran e Caracas e che gli impedisce di vendere e acquistare petrolio.

Nel caso del Venezuela, primo paese al mondo per riserve, è la crisi economica figlia dell’embargo a bloccare l’estrazione. Nei giorni scorsi il ministro della Difesa venezuelano ha annunciato l’invio della propria marina militare per scortare le petroliere iraniane.