L’Italia continua a bruciare anche se alcuni grossi roghi, come quello del parco dell’Etna, sembrano essere stati domati e i due canadair francesi sono rientrati oltralpe. Altri incendi però sono scoppiati nel frattempo 850 gli interventi dei vigili del fuoco ieri), dal levante genovese a Terracina nel Lazio, dall’area verde sopra Taormina alla zona residenziale di Poggioridente a Palermo e altre nel Cilento, in Maremma, all’Elba, in Gallura.

IL CAPO DELLA POLIZIA, ex responsabile della protezione civile, rispondendo alle accuse di stampa sull’impreparazione dell’Italia per quanto riguarda il parco mezzi per lo spegnimento ha voluto ricordare «a me stesso e a tutti gli altri – sono state le sue parole – che noi abbiamo la flotta pubblica di canadair più grande del mondo». L’Italia però ha anche uno dei patrimoni forestali più grandi e importanti, dal punto di vista della biodiversità, d’Europa. Un patrimonio che tutti gli anni, preferibilmente d’estate e con il concorso della siccità, dell’aumento delle temperature e dell’incuria di larga parte del territorio ormai quasi spopolato, viene dilapidato un po’.

NEL DOSSIER di Legambiente sulle devastazioni dovute agli incendi estivi, aggiornato al 12 luglio scorso con il concorso dei satelliti europei del progetto Copernico, si calcola che in questo primo scorcio di stagione, cioè da metà giugno, siano andati in fumo 26. 024 ettari di boschi, pari al 98% del totale della superficie bruciata in tutto l’anno 2016. Le regioni più colpite – si legge nel dossier dell’associazione che ogni anno redige anche il rapporto sull’attività delle ecomafie – sono le quattro «a tradizionale insediamento mafioso», dove già l’anno scorso si sono concentrati il 58% dei roghi. Si sta parlando di Sicilia, Calabria, Campania e Lazio.

Legambiente segnala «troppi e ingiustificati ritardi» a livello regionale e nazionale sui piani di prevenzione antincendio (Lazio e Campania sono inadempienti a riguardo mentre Calabria e Sicilia lo sono in parte). E la mancanza, il ritardo, è tanto più grave se si considera che Calabria e Campania sono tra le regioni più verdi, con dal 32 a oltre il 40 per cento del proprio territorio coperto da vegetazione boschiva.

I SUGGERIMENTI dell’’associazione ambientalista per evitare altre catastrofi ambientali ex post prevedono la realizzazione di un catasto aggiornato delle aree percorse dal fuoco e un inasprimento delle sanzioni attraverso l’approvazione di una seria legge sugli ecoreati.

Lo stato dell’arte per quanto riguarda le leggi che dovrebbero funzionare da deterrente agli incendi, che sono quasi sempre dolosi, è in effetti affidato alla legge 353, la legge quadro sugli incendi boschivi, che data oramai 17 anni di vita. Si tratta di una normativa che si poneva l’ambizioso obiettivo di porre fine alla speculazione edilizia che sta alla base di numerosi interventi incendiari, ma alla prova dei fatti – come suggerisce la cronaca dei roghi nelle aree più pregiate dal punto di vista urbanistico e naturalistico – lascia ampio spazio di manovra.

In linea teorica la legge 353 del 2000 dispone il divieto di cambio di destinazione d’uso delle proprietà immobiliari andate in fumo per un periodo di 15 anni e un divieto di edificazione sulle aree incendiate per dieci anni. Poi però ci sono una serie di passaggi della stessa legge che aprono voragini di possibilità edificatorie per proprietari, ad esempio, di terreni vista mare e boschi intenzionati a impiantarvi agriturismi, campeggi, ville e ristoranti panoramici. Basta che abbiano presentato una richiesta di condono antecedente all’incendio, anche se la normativa recita che l’inedificabilità cade se in contrasto con previsioni urbanistiche «precedenti» – parolina soggetta a interpretazioni – e se i lavori vengono realizzati in tre anni dal rogo.

L’ABUSIVISMO insiste spesso in modo eloquente proprio nelle zone soggette alla furia incendiaria estiva. È il caso dell’area vesuviana, dove si stimano oltre 70 mila abitazioni abusive e il 70 per cento dei comuni è privo di un piano regolatore aggiornato. In Campania mentre arde il parco del Vesuvio il governatore De Luca viene accusato dagli ambientalisti, in particolare il verde Angelo Bonelli, di aver indirettamente «acceso la miccia» bloccando le demolizioni con una legge regionale a tutela dell’abusivismo di necessità. La legge è stata approvata proprio il 22 giugno scorso.