«Nel dicembre del 1970 Elvis Presley decise che il suo paese aveva bisogno di lui. Il 16 febbraio 1971 Richard Nixon iniziò a registrare tutte le telefonate e incontri che si tenevano nella Stanza Ovale. Di quello che accadde tra le due date menzionate non esiste alcuna trascrizione». Con questa didascalia inizia Elvis & Nixon, quarto film della regista Liza Johnson. Per chi non ha perso neanche una puntata di House of Cards, uno degli elementi di curiosità è ritrovare Kevin Spacey nel ruolo di un altro presidente degli Stati uniti (Elvis ha il volto di Michael Shannon). Inevitabile il confronto tra il cospiratore democratico Frank Underwood, creato da Netflix, e quello repubblicano, esistito realmente e ora reinventato da un altro colosso dell’audiovisivo, quale è Amazon.

La differenza più evidente è che Frank Underwood, per scelta narrativa degli autori e per «carattere», guarda in camera e si rivolge a noi, non per il dovere democratico di rendere conto delle sue azioni al popolo ma per il gusto sadico di ostentare un potere che non è inteso come «possibilità» bensì come esercizio incondizionato di «potenza». Per parte sua, il Nixon di Liza Johnson non ha la spudoratezza di parlare agli elettori/spettatori. Lo farà veramente con David Frost e nella ricostruzione cinematografica del 2008 di Ron Howard in Frost/Nixon – Il duello, pagando le conseguenze di quel peccato di hybris. Se oggi Nixon avesse l’opportunità di vedere all’opera Frank Underwood, salterebbe su tutte le furie constatando il fascino perverso che quell’esibizione di potere emana su milioni di spettatori, quando a lui è toccata la croce per molto meno.

Ad ogni modo, se Nixon non ha potuto conoscere Underwood (a meno di non fantasticare sul corpo di Spacey come medium), la storia narra di un incontro avvenuto il 21 dicembre 1970 con Elvis Presley, per tutti noi semplicemente Elvis (nel film E o the King). E la reazione del presidente, quando i suoi assistenti lo informano per la prima volta di un appuntamento con the King, è secco e brutale: «Chi cazzo l’ha programmato?», facendo capire quanto la cosa lo potesse entusiasmare. Bisogna tornare indietro di qualche giorno. Cioè quando Elvis scopre, guardando la televisione, che il suo Paese sta andando in rovina a causa delle proteste contro la guerra in Vietnam, degli hippy, del dilagante uso delle droghe, delle pantere nere e dei comunisti. Elvis si convince a entrare in azione.

Vuole diventare un agente federale indipendente al servizio della nazione.Grazie all’aiuto del suo amico fidato Jerry, the King parte per Washington DC alla volta della Casa Bianca. Sul rapporto con Jerry si potrebbe aprire una lunga parentesi dando il via a un altro film, quello nel quale Elvis riflette sulla sua immagine, sul distacco dall’uomo che era a Memphis prima di trasformarsi nel Re. E, parallelamente, di un giovane che una vita normale l’avrebbe se non fosse per l’amico ingombrante.

Johnson, però, ha preferito descrivere l’assurdo di certe situazioni e mettere in mostra le capacità di mimesi degli attori. Ad esempio, nel disegnare la figura di Elvis, si è decisamente calcata la mano su aspetti caricaturali. The King si muove con l’ingenuità di un bambino che, catapultato nel mondo dei grandi, non si sente vincolato ad alcuna regola, anche se nel suo folle progetto vorrebbe diventare un agente che intende far rispettare la legge e l’ideologia della nazione. Allora, prende un aereo senza documenti, esibendo la stella da sceriffo, pretende di consegnare a mano una lettera al presidente, entra alla Casa Bianca, che trova simile a Graceland, con delle armi in bella mostra. In fin dei conti, lui è Elvis e quella che appare come una farsa può benissimo trasformarsi in realtà.

Chi ha programmato quell’incontro? È stato l’entourage del presidente a spingere perché l’evento si realizzi. Terminato lo smarrimento iniziale, gli uomini del presidente (che finiranno poi in carcere per il Watergate) intravedono l’opportunità di rendere più popolare un personaggio privo di appeal. Nixon non è Kennedy, il presidente che riceveva i caldi auguri di Marilyn. E soprattutto era un uomo che pensava di essere autosufficiente. Per esercitare il potere non c’è bisogno di cantanti e leggende, al limite può bastare piazzare qua e là qualche microspia. Per la cronaca, Nixon controvoglia e con un banale incentivo decise alla fine di incontrare Elvis e la foto che li ritrae assieme è la più richiesta nella storia degli Archivi Nazionali.