Nell’aprile di cinquant’anni fa usciva sul mercato inglese Sticky Fingers dei Rolling Stones. Il primo album dei Settanta, il primo con Mick Taylor in formazione, il primo edito dalla Rolling Stones Records, il primo col famoso logo Tongue & Lip disegnato da John Pasche. Sticky Fingers segna l’inizio della seconda vita di Jagger e soci e l’avvio di una nuova dimensione artistica: non c’è posto per il pop e per i numeri da juke-box e, anche quando si tratta di confezionare una hit, lo si fa con Brown Sugar, r‘n’r aggressivo e tossico che risuonerà potente nelle arene di mezzo mondo. Amaro e diabolico, provocante e minaccioso, pieno di canzoni memorabili (Wild Horses su tutte, e poi Bitch, Sister Morphine, Dead Flowers) benché costruito su pezzi in buona parte recuperati da vecchie session, Sticky Fingers si sarebbe attestato tra i classici della band e in assoluto tra le opere più rappresentative degli anni Settanta. A partire dalla provocatoria copertina pensata da Andy Warhol, con la patta dei jeans a zip apribile. Warhol non era nuovo a provocazioni del genere. Aveva già fatto il botto col disco The Velvet Underground & Nico, a volte chiamato «banana album» per via della copertina raffigurante una banana disegnata dall’artista newyorkese. Sulla cover non compariva né il nome del gruppo né il titolo, ma solo la firma dell’artista. Le prime copie del disco invitavano chi guardava a «peel slowly and see» («sbucciare lentamente e vedere»): togliendo un adesivo si poteva adocchiare una banana rosa shocking, maliziosa metafora di un membro maschile. Con gli Stones il gioco più o meno si ripete. La cover di Sticky Fingers è caratterizzata da un paio di jeans con evidente rigonfiamento all’altezza dei genitali (nella versione su lp la cerniera era apribile e questo causò non pochi problemi perché la zip spesso rovinava il vinile). All’interno è presente il logo Tongue & Lip e la versione più spoglia della copertina, col modello vestito solo di mutande, il rigonfiamento ancora più in mostra. Le fotografie sono di Billy Name mentre il design, su indicazioni di Warhol, è di Craig Braun. La fotografia del «pacco» maschile stretto dentro un paio di attillati blue jeans all’inizio fu creduta da molti fan appartenere a Mick Jagger, invece il modello è Joe Dallesandro, attore dei film di Warhol.

SIMBOLI
Di riferimenti più o meno espliciti al sesso e alla nudità è piena l’iconografia rock. Soprattutto nelle copertine, che restano il primo e più potente strumento promozionale di un disco. I riferimenti più o meno allusivi alla sessualità in campo pubblicitario sono presenti dagli albori del secolo scorso e sono sempre adoperati dai creativi. Un libro del 2015, Sex in Advertising: Perspectives on the Erotical Appeal, svela come oltre il 20% circa di tutti gli spot utilizzino contenuti sessuali espliciti per vendere la loro merce. Dunque è solo marketing, oppure i riferimenti sessuali sulle copertine dei dischi hanno invece dei fondamenti artistici? Lasciamo a ciascuno trarre le conclusioni che preferisce. Qui interessa solo ricordare come nelle copertine rock ci sia davvero l’imbarazzo della scelta dei riferimenti sessuali, dal delicato nudo artistico allo scatto al limite della pedopornografia.
È il caso di Blind Faith, prima e unica opera dell’omonimo supergruppo formato da Eric Clapton, Steve Winwood, Ginger Baker e Ric Grech. Forti polemiche suscitò la copertina del disco, realizzata dal celebre fotografo Bob Seidemann, in cui appaiono le forme acerbe di una bambina di undici anni, Mariora Goschen, seminuda e con un modellino d’aereo in mano. L’aereo, la cui strana forma lo fa somigliare a un organo genitale maschile, fu dai più interpretato come un vero e proprio simbolo fallico. Esplose lo scandalo e numerose associazioni religiose e sociali tentarono di boicottare la vendita del disco. Davvero incredibile come quella copertina rappresenti anche una perfetta cartina di tornasole della mutata sensibilità sull’impiego di immagini di minori. Oggi una foto del genere causerebbe grossi guai giudiziari all’autore, non solo proteste. Un’altra copertina che ai giorni nostri probabilmente porterebbe dritto dietro le sbarre è l’immagine ultraterrena che adorna il quinto album dei Led Zeppelin, Houses of the Holy. La foto, di Aubrey Powell, è un collage di trenta diversi scatti presi al Giant’s Causeway nell’Irlanda del Nord, una scogliera di 40mila colonne di basalto incastrate e per lo più esagonali, risultato di un’antica eruzione vulcanica avvenuta tra i 50 e i 60 milioni di anni fa. L’ispirazione arriva dal libro Childhood End (in Italia pubblicato col titolo Angelo custode), un romanzo di fantascienza di Arthur C. Clarke del 1953. Nella storia, tutti i bambini abbandonano la terra camminando verso lo spazio in una luce avvolgente e splendente. Protagonisti dello scatto i piccoli Samantha e Stefan Gates, di 7 e 5 anni, ripresi completamente nudi e riprodotti in undici pose diverse. Niente di particolarmente spinto, intendiamoci, ma anche in questo caso la sensibilità contemporanea in tema di immagini minorili porterebbe a guai giudiziari di non poco conto.

IN BIANCO
Un album con un nudo in copertina pubblicato senza intenti commerciali o di scandalo fine a sé stesso è di sicuro Unfinished Music n. 1-Two Virgins, il disco realizzato nel 1968 da John Lennon con la futura consorte Yoko Ono. Un’opera d’avanguardia passata però alla storia per la sua copertina, che venne immediatamente censurata, e non per il suo contenuto sperimentale. Più che la musica di non facile ascolto, come detto a creare scandalo fu soprattutto la copertina, che ritrae la coppia interamente nuda. Le figure di John e Yoko, fotografate in bianco e nero, si stagliano su uno sfondo bianco. Gli unici oggetti visibili sono un letto sfatto alle spalle dei due, con alcuni indumenti accatastati alla rinfusa, e una copia del Times in basso a sinistra. Il titolo Two Virgins allude al fatto che John e Yoko si sentissero «due innocenti smarriti in un mondo impazzito» e che, dopo aver terminato la registrazione, avevano consumato un liberatorio atto sessuale, come a voler esaltare un’unione di fatto ufficializzata l’anno seguente con la celebrazione del matrimonio a Gibilterra, il 20 marzo 1969. La coppia era imbarazzata all’idea di essere immortalata senza veli e quindi fu lo stesso Lennon a realizzare la foto con l’autoscatto. John spiegò che il loro intento non era scattare un’immagine piacevole o attraente, e tantomeno di apparire sexy. Alcuni scatti più riusciti e gradevoli vennero infatti scartati. «Volevamo soltanto sembrare umani» commentò l’artista. L’immagine appare sincera e spietata al tempo stesso, quasi disturbante, poiché ritrae i due nell’imperfezione dei loro corpi, privi di attrattiva e dunque di connotazioni erotiche. Secondo Lennon fu proprio questo aspetto, cioè il fatto che i due personaggi non fossero attraenti, a scandalizzare l’opinione pubblica più che la nudità in sé. Commentando qualche anno dopo la foto, Lennon osservò che lui e la moglie sembravano «due tossici in sovrappeso» e che il fatto di apparire sgradevoli fosse, come detto, intenzionale.
Come tutto quanto promana dall’universo Beatles, anche quell’immagine ha lasciato un segno. Un esempio lo troviamo nella copertina del disco Push the Sky Away di Nick Cave and the Bad Seeds. La foto è stata realizzata da Dominique Issermann, fotografa francese attiva soprattutto nel mondo della moda. Dominique stava riprendendo alcune donne tra cui Susie Bick, moglie di Cave e, a un certo punto, è riuscita a cogliere il momento dell’ingresso di Cave nella stanza dove aveva luogo il set fotografico. L’attimo di intimità tra l’artista australiano (peraltro vestito) e la moglie nuda e il colore bianco/seppia dell’immagine sembrano suggerire una più o meno volontaria citazione del mondo e dalla rappresentazione della coppia di Two Virgins. Qui però l’erotismo raggiunge un livello altissimo e per nulla fastidioso.
Molto eros trasuda anche dalla copertina di Easter, album del Patti Smith Group del 1978. Lynn Goldsmith è autrice della cover di un disco passato alla storia soprattutto per la hit Because the Night, brano capolavoro di un giovane Bruce Springsteen. In copertina Patti si sistema i capelli in una posa che pare quella di chi sta danzando. Il capezzolo scuro sotto l’abito sottile e l’ascella, bene in vista, hanno contribuito a fare di questa cover un manifesto d’erotismo femminile tutt’altro che scontato. Dieci anni dopo un’altra copertina che alza l’asticella della sensualità rock è quella di Surfer Rosa, primo album dei Pixies. Una conturbante ballerina di flamenco in topless davanti a una tenda strappata e a un crocifisso aggiunge pepe a una pietanza già piccante per i testi del cantante Black Francis. La scrittura di Francis appare infatti sinistramente ossessionata da tabù, incesto e violenze sessuali, con immagini e metafore influenzate anche – a suo dire – dalla simbologia cristiana che ha segnato la sua formazione. Ad alto contenuto erotico anche la copertina della quarta produzione di Bob Geldof, Sex, Age and Death, titolo impegnativo per un esito artistico abbastanza sotto tono. Per fortuna mister Live Aid sceglie una copertina che salva la baracca: una giovane donna inquadrata dal basso, che sembra sia sopra l’uomo con cui sta facendo sesso. Il tutto, però, con una punta di morigeratezza allusiva: la ragazza indossa il reggiseno, per quanto un po’ trasparente e con una spallina abbassata. Non male.

MARKETING
Che il nudo in copertina sia una mossa di marketing escogitata dalle case discografiche per vendere qualche copia in più appare evidente pensando al doppio album Electric Ladyland di Jimi Hendrix. Chi non ricorda la copertina con diciannove donne nude? Questa però non era l’immagine che il grande chitarrista avrebbe voluto. Aveva piuttosto in mente di usare una sua foto, scattata da Linda Eastman (moglie di McCartney) vicino a una scultura di Alice nel Paese delle Meraviglie ad Hyde Park, a Londra. I discografici, tuttavia, decisero di ignorare questa proposta e offrirono qualche sterlina a diverse donne raccolte letteralmente per strada per posare nude. Anche se Jimi rifiutò di pubblicare l’album con quell’immagine, la casa discografica lo fece comunque. Il 33 giri, naturalmente, attirò un sacco di attenzioni fino a quando ne venne vietata la vendita in diversi negozi e la casa discografica fu costretta a sostituire la foto con un (brutto) ritratto sfocato di Jimi in concerto. Il nudo dunque aiuta a vendere, almeno così la pensa uno che la questione l’ha considerata da ambo i lati della barricata. Come artista e come discografico. Stiamo parlando di Herb Alpert, trombettista, compositore e discografico di Los Angeles (con Jerry Moss ha fondato la casa discografica A&M). «Ha venduto bene, ma di sicuro è stato un lp più visto che ascoltato» ebbe a dire di Whipped Cream & Other Delights, disco prodotto col suo gruppo Tijuana Brass. Difatti il 33 giri è passato alla storia per una ragazza (la modella Dolores Ericksen) che emerge, come una divinità sul trono, da una montagna di panna montata (in realtà schiuma da barba). Oltre al seno, intravediamo la lingua leccare un dito della mano destra, mentre nella sinistra la protagonista tiene una rosa. Questa copertina è stata inquadrata anche nel Grande Lebowski (e dove sennò?) quando Dude sbircia nella collezione di Maude.
Nella categoria «più visti che ascoltati» rientrano a pieno titolo alcuni album dei Roxy Music con ragazze stupende in pose da pin-up. In questo senso Country Life è la copertina più emblematica dei Roxy, con le mutandine delle modelle Constanze Karoli ed Eveline Grunwald di sicuro fra le cover più hot di sempre. E che dire di Candy-O, il secondo album dei Cars? Per l’occasione la band di Boston richiamò dalla pensione il celebre artista Alberto Vargas; all’età di 83 anni il maestro peruviano creò una splendida immagine con una rossa coperta solo da un collant trasparente, sdraiata su una macchina. L’automobile era appena accennata: Vargas sapeva bene che il punto di forza della copertina non era l’automobile, e nemmeno la musica dei Cars.
Se il nudo aiuta a vendere, qualcuno deve aver pensato che spingersi oltre poteva far crescere gli introiti. Decenni prima che il film American Pie rendesse popolare il sesso con un dessert, nel 1972 l’omonima opera prima dei Mom’s Apple Pie, una rock band dell’Ohio, realizzava la copertina più lurida di sempre. L’illustrazione riprendeva lo stile di Norman Rockwell, fatta eccezione per i giganteschi speaker sullo sfondo e una fetta di torta tagliata, trasformata in una vagina aperta, con tanto di dettagli umidicci. Un’altra illustrazione decisamente hardcore campeggia su Eating Lamb (letteralmente «leccarla ad una pecora») la versione in vinile del cd Heavy Petting Zoo, sesto album studio dei NOFX. Se la copertina della versione cd, che raffigurava un uomo intento a masturbare una pecora, aveva già fatto gridare allo scandalo, la band californiana è riuscita ad oltrepassare ancor di più il limite con questa cover art, che venne chiaramente censurata in diversi paesi e fu messa fuori stampa poco dopo. Non è andata meglio ai Nashville Pussy che nel 1998 pubblicano Let Them Eat Pussy. Chiaro il titolo e decisamente troppo esplicita la copertina. Concludiamo con l’Oscar del (letteralmente) sesso in copertina, riconoscimento che va ai Death Grips. Sull’album No Love Deep Web campeggia un’angelica foto del pene eretto del batterista Zach Hill con tanto di titolo del disco scritto sopra con un pennarello indelebile. La fotografia venne scattata nel bagno pubblico dell’aeroporto di Los Angeles appena Hill ricevette la notizia che la loro etichetta, la Epic, li aveva scaricati. Inutile dire che Zach l’ha pensata come «una provocazione spirituale e fisica contro quei fottuti bastardi della nostra casa discografica».