Come una fanzine dei ’70, i Confine rilanciano la disillusione di un’epoca priva di storia. Incertezza continua è una recrudescenza del «no future», dove vitalità coincide col (re)stare fuori dai giri buoni. Un album rabbioso, 15 minuti per 10 brani che mette al muro con bordate di chitarra e rullante. Punk hardcore incazzatissimo ma anche trash metal che in italiano colpisce fino alla blasfemia di Magone o Franco. I Confine sono brutti e cattivi e trovano la loro massima nel massacrare ogni perbenismo malgrado la formula di ribellione sia abusata. Ma tanto se ne fregano di cosa si dica di loro.