Visioni

Rock, blues e orchestra: le tre anime di Eric Clapton

Rock, blues e orchestra: le tre anime di Eric ClaptonEric Clapton – foto Ansa

Note sparse 6 cd, 8 lp e 35 registrazioni inedite nel box in uscita il 23 giugno

Pubblicato più di un anno faEdizione del 14 giugno 2023

Sei ore di musica dal vivo, 35 registrazioni inedite, la Royal Albert Hall che diventa una sorta di casa, il rock, il blues e l’orchestra che fanno da sfondo e sottofondo a quella chitarra che negli anni ha rappresentato e rappresenta ancora la storia del possibile, il riscatto tortuoso di un uomo con sé stesso e dalla vita, la nascita, la caduta, la risalita e la rivincita di Eric Patrick Clapton. Tutto questo è The Definitive 24 nights, sei cd o 8LP che uscirà il 23 giugno per la Warner Records.

L’INTERO MATERIALE è stato ottimizzato e restaurato per il mixaggio e l’audio da Simon Climie, da Peter Worsley per la produzione e dal regista David Barnard. The Definitive 24 Nights diviso in tre arri va a rappresentare quasi in maniera simbolica le tre anime dell’artista inglese. Se l’anima rock è venuta fuori nei suoi primi anni, quello blues da sempre invece portata dentro di sé e cercato ad ogni modo di far uscire da quella chitarra, la fase della vita e quella musicale che troverete sorprendente qui è proprio la parte dell’orchestra. Inaspettato o forse no, quanto la chitarra di Clapton appartenga in maniera del tutto familiare alle armonie dell’orchestra diretta da Michael Kamen ed è questo l’aspetto più importante, più impressionante. Basta prendere in esame il brano Layla: una canzone che negli anni ha dovuto per forze di cose smorzare la frustrazione e il sentimento di rifiuto che apparteneva alla versione originale.

TUTTO PASSA o meglio tutto si trasforma in altro e se la versione elettrica è quella dell’angoscia e della frustrazione per il rifiuto, se quella acustica stabilizza musicalmente qualcosa che è passato, la versione con l’orchestra la rende finalmente una favola. L’orchestra amplifica l’amore, i fiati estendono fino a dissolvere musicalmente la frustrazione e la rabbia e trasformano il tutto in un suono che parla di amore vissuto a pieno e per quanto qui Clapton affida alla sua chitarra la parte straziante del dolore, l’orchestra gli restituisce il respiro, musicalmente la speranza di dover andare avanti, perché se le favole finiscono è meglio che l’anima custodisca l’amore e non il dolore.
Così la versione di Bell Bottom Blues ha nei fiati l’espressione di un cerchio che malinconicamente si chiude, il più grondante dei rimpianti che diventa accettazione e fine di ogni illusione. L’esecuzione di Holy Mother aggrappata alla voce intensa di Eric, alla sua chitarra che estremizza il dolore, sorretto da violini e sostenuto dai fiati è come sentire “vivere, sviarsi, cadere, trionfare, ricreare la vita dalla vita” nelle parole del Dedalus di Joyce. Solo che qui c’è un particolare che cambia la storia, il verso, il finale per nulla ancora scontato. Non nel vivere che è comune agli uomini, non nello sviarsi, non nel cadere, non nel trionfare ma nel ricreare la vita non dalla vita ma dalla sua chitarra.

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