Beatrice mi scrive che ci vediamo da Bricofer. Il parcheggio è grande e poi dove ti vuoi incontrare? Non stiamo mica al centro di Roma che i riferimenti sono tutti soggetti da cartolina. A Rocca Cencia non si trovano le fontane barocche o il Colosseo. Qui ci stanno quattro casermoni che non vuole abitare nessuno. Un palazzinaro, uno dei tanti padroni e padroncini del mattone, ha tirato su questi edifici. I poveri si mettono in lista, ma gli basta arrivare al parcheggio del grande magazzino e restano senza fiato. Non per il panorama, ma per la puzza. Neanche loro ci vogliono venire. Solo i poverissimi, quelli che non hanno nessuna alternativa. E se vengono con il mezzo pubblico è pure peggio perché il capolinea sta davanti alla discarica che tecnicamente si chiama Sistema Integrato di Trattamento e Valorizzazione dei Rifiuti Urbani.

MARIA VITTORIA DELL’USB dice che qui intorno è pieno di monnezza, rifiuti ospedalieri con aree sotto sequestro. «I bambini trovavano le siringhe che affioravano. Non hanno manco scavato per nasconderli. Hanno scaricato e ci sono passati sopra col trattore». Eppure si tratta anche di terreno agricolo. «Quando arano vedi tutto che luccica» aggiunge Noris. «Perché? Cosa c’è sotto? In quei campi ce fanno pascolare le pecore. Te vai a comprare l’abbacchietto pe’ la Pasqua. Pensi di mangiare l’abbacchietto buono del pastore… Qui intorno è pieno di cartelli «dal produttore al consumatore». Una volta come facevano? Ai tempi delle porcarecce arrivava er monnezzaro che si caricava il bustone, lo portava alle porcarecce che erano dei privati che c’avevano i maiali. Lavoravano con tutta la famiglia. Buttavano per terra e smistavano. Quello che era da magnà lo davano all’animali e ce guadagnavano qualcosa. Il resto si sotterrava o si bruciava. Qualche decennio fa so’ stati assorbiti dalle aziende della nettezza urbana. Si sono raffinati, ma culturalmente siamo rimasti ai tempi delle porcarecce».

DAVANTI ALL’IMPIANTO, accanto alla fermata dell’autobus è pieno di polizia e c’è pure l’esercito. «Questo sito è strategico per la regione Lazio – riprende Maria Vittoria – Destinato chissà per quanti altri anni a raccogliere l’immondizia indifferenziata di Roma. Probabilmente temono la rabbia delle persone. Altrimenti non si spiega perché c’è l’esercito. Ci siamo avvicinati per chiedere informazioni… qualsiasi cittadino incazzato ha il diritto di sapere cosa respiriamo e di che morte moriamo. Già nel 2015 ci siamo battuti contro la costruzione di un impianto a biogas. Pensavamo che fosse finita. Invece, oggi ci siamo ritrovati con una richiesta da parte del commissario e di Ama di ampliamento dell’impianto. Siamo tornati indietro di sei anni. Vorrei ricordare che questo municipio insieme a Malagrotta è quello che ha il più alto numero di morti per tumori maligni».

ACCANTO A LEI C’È DANIELE che vive a Castelverde, meno di 3 chilometri in linea d’aria. Quella che gli ha portato in casa il linfoma di Hodgkin. Noris indica oltre l’impianto. «La mattina questa puzza si sente a Finocchio alla scuola di Motta Camastra, 2 chilometri in linea d’aria. La solita aria avvelenata. Gira il vento e il tanfo si fa un altro chilometro. Va a Tor Bella Monaca in via Siculiana. All’istituto comprensivo Francesca Morvillo». Sul giornalino i bambini della V B si sono occupati quest’anno di Bullismo e Cyberbullismo.

«IL BULLO È UNA PERSONA spavalda, prepotente, aggressiva, cattiva – scrivono – Ciò che spaventa di più non è la violenza del bullo, ma l’indifferenza dei ”buoni”». Chissà se hanno parlato anche del bullismo del potere, di una prepotenza che ferisce i corpi entrando nei polmoni? «Io chiedo un diritto al respiro – continua Noris – Noi diciamo che dovremmo fare come quando vai a fare il pieno. Vuoi la benzina? Te la respiri! Una cosa molto democratica. In ogni quartiere deve esserci un modo per smaltire responsabilizzando tutti partendo da un porta-a-porta spinto. E vedrai che il differenziato che devi trattare col Tmb diventa minimo».

SUL SITO DI INVITALIA il ministro Franceschini ha annunciato che il «nuovo piano dell’arena del Colosseo» disporrà di «un finanziamento complessivo di 18,5 milioni di euro». «Non ci abbiamo niente da invidiare al centro – dice Noris – è impossibile che si trovino i soldi pe’ ‘sto cavolo de Colosseo supergalattico, mentre un milione per valorizzare l’archeologia territoriale non c’è! Abbiamo l’antica città di Gabi, il foro romano, la reggia e le terme che nemmeno gli abitanti di questo territorio conoscono». E aggiunge un altro che «la conoscono bene i tombaroli!».

CON I MANIFESTANTI C’È Urbano Barberini. «Qui scava il Louvre. C’è l’area davanti alla villa di Adriano, patrimonio dell’umanità per l’Unesco, i grandi ponti degli acquedotti. Si sono fatti moltissimi soldi in modo facile. Gli aristocratici vendevano le terre agricole ai palazzinari che, grazie agli agganci politici, diventavano fabbricabili. Hanno costruito senza una vera urbanizzazione. Adesso è il tempo di un’economia sostenibile. Il consumo di suolo non ha più significato perché stiamo decrescendo come popolazione. Cementificare ha senso solo per quei cementificatori».

ADESSO TORNO AL PARCHEGGIO di Bricofer. Penso al giorno in cui Beatrice mi scriverà per darmi l’appuntamento all’entrata dell’area archeologica di Gabi proclamata patrimonio dell’umanità. Il giorno in cui la periferia non sarà più la porcareccia dei romani.