Anni ’70. Robyn Davidson coltiva un sogno folle: attraversare l’Australia in solitaria, sola compagnia dei cammelli e il suo cane, per 2700 chilometri, aspri e spesso desertici da Alice Springs sino all’oceano Indiano. Robyn è cocciuta e determinata, non ha avuto vita facile, sua madre è morta suicida quando lei aveva undici anni, allevata da una zia paterna quando ha potuto se n’è andata, formandosi culturalmente a Sydney, dove the Push le ha dato un approccio vagamente freak. L’impresa che vuole intraprendere è davvero estrema, ma lei pur senza mezzi, fa di tutto per perseguirla. Si fa maltrattare, imbrogliare, strapazzare, deridere, poi, grazie all’interessamento di un fotografo del National Geographic, Rick Smolan, l’avventura può iniziare. Tracks mette in scena la storia sulla base del libro che ha scritto Robyn a Londra, mentre era ospite di Doris Lessing, dopo che il servizio del National Geographic aveva suscitato un forte interesse.

Per Robyn accettare che nel suo lungo viaggio debba ogni tanto incontrare il fotografo è quasi uno smacco, ma è il prezzo da pagare per conseguire il suo obiettivo, costruito con due anni spesi accudendo cammelli per imparare come rapportarsi a quegli animali e per prendere confidenza con le asperità del deserto. Si soffre con lei durante il viaggio, si sta sulle spine per quel momento di necessità sessuale animalesca che riesce a soddisfare con la collaborazione dell’unico essere umano che può arrivare a sapere dove sia. Poi ci sono gli aborigeni, con le loro terre sacre, i loro riti, pronti però a riconoscere Robyn come una di loro seppure diversa, quindi complici nel darle una mano, nel consentirle ciò che per altri è precluso, con una tenerezza e una comprensione lontana dalla nostra presunta civiltà. Maestri di vita. Lungo il cammino dovrà dire addio al suo cane, superare prove durissime, sfiorare la follia, ma alla fine, dopo nove lunghissimi mesi l’acqua dell’oceano sarà lì, davanti a una festante Robyn, immortalata da Rick che l’ha raggiunta appositamente.

Molti tentativi erano stati fatti per tradurre Tracks in film, tutti falliti. Poi sono arrivati John Curran e soprattutto Mia Wasikowska per concretizzare il progetto. Lei, attrice australiana con trascorsi hollywoodiani (indimenticabile Alice per Tim Burton) si è fiondata in una produzione difficile per un film ostico e una storia borderline.. Praticamente una sfida, forse non così estrema come quella della vera Davidson, ma comunque molto impegnativa e ricca di implicazioni. E alla fine la sua sfida personale è stata vinta, con la stessa caparbietà e sensibilità femminile del personaggio che interpreta, perché riesce davvero a far vibrare lo spettatore che prova un’empatia particolare, pur sapendo che ci sarà il lieto fine perché così è davvero finita la storia. E accanto a lei Adam Driver, giovane fotografo chiamato a supportare l’inarrestabile giovane donna impegnata nell’impresa della vita. Testimone di qualcosa che, nel suo ambito, farà storia.