A Roberto Torrini, direttore dell’Agenzia per la Valutazione della ricerca (Anvur) chiediamo perché è stato dato ai giornalisti solo uno degli scenari possibili sulla valutazione, mettendo i bollini rossi agli atenei cattivi e verdi ai buoni. «In maniera erronea, si è creata confusione – risponde – Era di più facile comprensione per la stampa. Si tratta di una preassegnazione dei fondi ministeriali tra le 14 aree disciplinari che hanno partecipato alla valutazione della ricerca».

Se non è un errore, ammetterà però che la confusione è stata grande…
Essere primo, secondo o terzo in queste classifiche non conta nulla a meno che il minisrtro decida di dare tutti i fondi ai primi cinque atenei. Ma io credo che ci sarà un uso saggio della ripartizione. A differenza dell’Inghilterra dove si mettono in competizione le aree, fisica o letteratura ad esempio, e si ripartiscono i fondi in base alle eccellenze, l’Anvur fa valutazioni all’interno di ciascun settore, in modo che non si creino competizioni che distocerebbero il giudizio.

Che senso ha stilare pagelle e classifiche tra atenei?
È importante l’uso che se ne fa. Il messsaggio lo abbiamo dato: non nascondiamo che c’è qualcuno che va bene o altri peggio come negli atenei a sud. Ma questa non è una punizione, serve a capire come migliorarsi. Le pagelle sono utili dal punto di vista gestionale. E servono per l’opione pubblica per sapere perché all’università vengono dati fondi pubblici. I cittadini – che non sono solo persone che pagano le tasse – hanno diritto di farsi un’opinione prima di decidere.

Lei crede che le critiche alle classifiche di Roars siano infondate?
Se si vuole mettere in evidenza una cattiva fede che non abbiamo, un complotto che non esiste, direi che non è un dibattito accademico ma che tradisce altre finalità.

Gli esiti finali della valutazione restano dunque nelle mani del ministro?
Ad ognuno il suo, noi il nostro lavoro lo stiamo facendo. Siamo partiti in ritardo e oggi non è possibile stare fermi in attesa dell’indicatore perfetto. Bisogna conoscere per agire. E poi, si può migliore. La prossima partita che si apre è quella della didattica. Siamo molto indietro, perché in Italia non si è mai fatta una seria opera di valutazione.