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Roberto De Simone, Jeanne, la santa genderfluid

Roberto De Simone, Jeanne, la santa genderfluid«Mistero e processo Giovanna d’Arco» regia di Roberto De Simone, Pisa 1989 (foto Silvia Lelli Masotti)

Pagine «Dell’Arco Giovanna d’Arco. Mystère cinematografico per musica», da Colonnese

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 20 luglio 2024

All’eclettica figura di Giovanna d’Arco (Domrémy, 6 gennaio 1412 – Rouen, 30 maggio 1431) si è più volte dedicato il Maestro Roberto De Simone, ponendola al centro ora di un’opera musicale, ora di studi antropologici, fino a giungere alla pubblicazione del volume Dell’Arco Giovanna d’Arco. Mystère cinematografico per musica (Colonnese, 2024). Viaggio immaginifico destrutturato che de-narra con genio creativo il mito e la meta-storia della Pulzella di Orléans impegnata nella missione di liberare il proprio Paese dagli inglesi. A partire dal saggio storico, che con ossimoro egli denomina Postfazione introduttiva alla lettura, tanti sono i rimandi e i materiali di tradizione scritta e orale utilizzati per rievocare la contadina-eroina diciannovenne che, accusata di stregoneria, morirà sul rogo. Si spazia dalle voci del mercato a quelle istituzionali del processo, da quelle dell’albero ai cantastorie del banchetto, nonché al Mendicante cieco. Una personalità, quest’ultima, emblematica ispirata alla fosca figura di Gilles de Rais – un blasonato e tormentato signore con inclinazioni pedofile giustiziato nel 1440 – compagno di guerra della vergine combattente: operatrice di prodigi come la resurrezione di un bambino morto da tre giorni, veggente, guaritrice, con potere di levitazione, visionaria di santi e profetessa che esprime il «substrato arcaico e rurale» giunto fino al Novecento.

La sua voce impersona l’oralità subalterna che s’oppone al Potere e al Dogma. Il culto non si compara solo a quello di San Giuseppe da Copertino in Puglia, ma anche a quello di San Michele diffuso nel più antico santuario sorto nel V secolo sul Gargano sulla via Francigena, nonché a quello micaelico in Normandia a Mont Saint Michel, vicino ai luoghi legati all’illetterata Jeanne d’Arc. È una devozione popolare che De Simone con sguardo antropologico indaga negli anni Settanta con Annabella Rossi «amata e stimata antropologa di comuni ricerche», alla quale è dedicato il libro. I riferimenti presenti nell’opera sono svariati: scritture agiografiche; Bertold Brecht con Santa Giovanna dei Macelli e Le visioni di Simone Machard; Il processo di Giovanna d’Arco, radiodramma in lingua tedesca della scrittrice comunista Anna Seghers, incentrato sugli atti del processo di condanna dell’eroina e rielaborato in chiave marxista. Da quest’ultimo lavoro, come afferma il Maestro, inizia – con squilli di tromba – lo scritto, unitamente a Le mystère du siège d’Orléans, composizione poetica in francese antico di autore ignoto della prima metà del Quattrocento, conservata nella Biblioteca Vaticana. L’opera «è fonte di preziose informazioni riguardanti le credenze popolari di un Medioevo sopravvissuto nelle credenze contadine dell’Europa fino alla metà del secolo Ventesimo».

La struttura musicale si rifà al canto francese L’Homme Armé, usato spesso dai musicisti fiamminghi Guillaume Dufay, Johannes Tinctoris e Josquin Des Prez per la composizione delle Messe. Non mancano echi della Missa sine nomine di Tinctoris, della Messe de Tournai, la più antica composta in stile polifonico intorno al 1330 forse da più autori anonimi, del suggestivo canone medioevale di Guillaume de Machaut Ma fin est mon commencement orchestrato per chitarra e archi. L’Homme Armé col trascorrere del tempo ha assunto polisemia e polivalenza di significati e significanti sia nel testo che nell’interpretazione, compresa quella di canto partigiano contro l’invasore inglese.

I cangianti simbolismi del testo ne fanno un canto analogo a Bella ciao, brano popolare antifascista e presenza essenziale nella nostra contemporaneità storica. Quanto alla componente di tradizione orale, essa si fonda su frammenti tratti dal Pianto delle zitelle, brano registrato a Vallepietra (Roma) nel 1935 dall’etnomusicologo Giorgio Nataletti. Un remoto rito pentecostale in venerazione alla Santissima Trinità, cantato all’alba da voci femminili.

Una partitura musicale e drammaturgica, irrealizzabile in teatro, che diventa una sceneggiatura in cui sono indicate anche le inquadrature, come ad esempio «sul canto de L’Homme Armé la macchina da presa inquadra un cimitero di guerra. Panoramica sulle croci ed eventuali nomi». I riferimenti culturali sono in primis Carl Th. Dreyer e Pasolini. Con Dell’Arco Giovanna d’Arco. Mystère cinematografico per musica l’autore attua un caotico e disarmonico dispositivo creativo di non facile fruizione che ricorda la stella danzante di Nietzsche generata dal caos, ovvero l’arte come esplosione del sé che trafigge tutti.

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