Un finale di 2013 triste per il mondo della musica italiana. È scomparso infatti all’alba del 31 dicembre a Roma, dopo una veloce quanto devastante malattia, il grande bluesman Roberto Ciotti. Una figura carismatica quella dell’artista capitolino, grazie ad una carriera più che quarantennale, iniziata nella capitale dei primissimi anni settanta. Gli esordi raccontano dei Blue Morning, un quartetto di stampo jazz-rock dove tra l’altro spiccava la presenza di un altrettanto giovanissimo Maurizio Gianmarco. In breve Ciotti intraprende il suo personale ed appassionato viaggio nel mondo del blues, iniziando a percorrere una strada all’epoca non consueta, ma che gli ha permesso di emergere con forza e carattere nel mondo complicato delle sette note. L’epicentro della nuova generazione è il Folkstudio di Trastevere dalla frequentazione prevalentemente cantautorale, tutti (o quasi) destinati a duratura gloria.

Talmente significativa la differenza di stile ed evidente il talento che Ciotti portava con sé, che in pochi anni si schiusero le porte di collaborazioni via via sempre di maggior rilievo: De Gregori, Bennato e poi Venditti fra gli altri. Un’attività frenetica che non si limita al lavoro come turnista nelle sale di registrazioni, Ciotti porta il suo blues in ogni angolo d’Italia. Il 14 giugno 1979 è fra gli ospiti del Concerto per Demetrio Stratos nel catino dell’Arena Civica di Milano: una esibizione ricordata da più parti come estremamente intensa ed evocativa (chi vuole può andare ad ammirarne un frammento della classe su YouTube cliccando Roberto Ciotti-Shake it).

Una presenza non casuale alla giornata in ricordo della voce degli Area, perché la sua prima fatica discografica Supergasoline Blues (1978), era stata incisa proprio per conto della Cramps, già etichetta di Stratos e soci, così come Bluesman, il secondo lp, appena l’anno seguente. Sono questi i due album in cui maggiore è l’aderenza ad una estetica e a una forma blues più tradizionale e ortodossa. Percorso poi che avrebbe non abbandonato, ma frammentato, ricomposto ed alleggerito nelle successive produzioni discografiche. Aggiungendo elementi sonori prossimi alla world music e inasprendo la ricerca della melodia in una modalità quasi pop, nel suo sviluppo artistico Ciotti ha voluto misurare se stesso anche all’interno di ripetute esperienze lavorative in ambito cinematografico. Tra le diverse colonne sonore da lui composte, spiccano in particolar modo i due lavori sotto la regia di Gabriele Salvatores Marrakech Espress e Turnè, quest’ultima scritta assieme al tastierista dei Dire Straits, Tommy Mandel.

Oltre la corposa discografia del bluesman che consta di un totale di quattordici uscite, di cui ben tre con Il Manifesto cd (Changes, Walking, Behind The Door), a delineare quanto fosse aderente alla forma blues da lui amata, concorre non tanto la carriera da studio, bensì il percorso musicale in senso più ampio. Gli apici della sua carriera sono passati tanto attraverso le opportunità che lo hanno visto aprire i due concerti italiani di Bob Marley nel 1980, quanto nel lungo tour intrapreso con l’ex-Cream Ginger Baker nel 1983 e 1984. Ma ancora più attraverso l’attività live sul palco, incessante ancora fino a pochi mesi dalla morte, sia nei principali festival di settore italiani e europei, che negli infiniti tour che lo hanno portato a suonare ovunque nel mondo, incluse terre come l’ex Unione Sovietica e il Sudamerica.

Attraverso le performance live Ciotti ha fatto conoscere a una platea spesso ’digiuna’ del genere, l’esistenza vitalissima del blues, trasformandosi in questo senso in una sorta di ambasciatore sincero della musica e della culture nero e afroamericana. Un percorso non didattico nelle forme, ma negli esiti. Anche nei riguardi di giovani artisti che sotto i suoi insegnanti con lui hanno avuto un percorso musicale quasi iniziatico, come nel caso del talentuoso (e troppo spesso prestato al pop…) Alex Britti. Ulteriore elemento di adesione al blues è stato il perpetrare, quasi rammentando storytellers mississipiani stanziali nelle loro terre, la sua presenza nel club capitolino del Big Mama, dove per tantissimi anni si è esibito a cadenza settimanale.

L’ultima stagione artistica racconta di ripetuti viaggi sonori nel 2011 e nel 2012 in Senegal, presso l’importante Sant Louis Jazz Festival e di una fascinazione rilevante per i suoni afro, su cui Ciotti stava lavorando attivamente. Una ennesima strada da percorrere con la stessa modalità di sempre, testarda, appassionata e istintiva, assieme alla sua chitarra. I funerali dell’artista si terranno domani 3 gennaio alle ore 11 a Roma presso la Chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo.