A distanza di un paio di giorni dalla  notizia e a funerali avvenuti in stretta forma privata e alla presenza di pochissimi amici nella sua casa di Milo,  l’eco della morte di Franco Battiato sta affievolendosi, seppellito dall’incessante e da lui malsopportato chiacchiericcio politico e dalle spaventose immagini degli sbarchi dei migranti a Ceuta, in una flebile scia di ennesimi commenti sulla sua grandezza di musicista, artista poliedrico ed esploratore di mondi lontanissimi. Uno dei pochi, forse l’unico  in Italia capace di elaborare, attraverso la musica e successivamente il cinema e la pittura, un proprio multi-universo filosofico ed intellettuale, sintesi di spinte mistico-religiose, soprattutto di provenienza orientale. Non esente però da un dialogo con la cristianità più aperta al nuovo. Ne è stata la manifesta la volontà che le esequie fossero celebrate dai  padri Orazio Barbarino e Giudalberto Bormolini che con lui hanno intrattenuto fino quasi all’ultimo un costante dialogo. All’estremo saluto era presente anche Roberto Cacciapaglia che condivise con il cantante siciliano agli inizi degli anni 70 quella che oggi viene chiamata fase sperimentale. Un periodo, riconosciuto dallo stesso Battiato che lo portò a spostare il baricentro delle sue composizione da un rock-prog elettronico a un minimalismo radicale ed estremo che gli si parò davanti come “cul de sac” creativo dal quale evadere, non rigettandolo come affermava, ma mistificandolo nelle forme canoniche della canzone pop. Da lì nacquero quegli album che portarono all’immenso successo, esattamente quarant’anni fa,  de La voce del padrone.

“AVEVO POCO MENO di vent’anni quando ho incontrato per la prima volta Franco – dice al telefono Cacciapaglia raggiunto mentre sta attendendo il volo di ritorno a Milano da Catania –  studiavo al Conservatorio Verdi composizione con Bruno Bettinelli e contemporaneamente frequentavo Angelo Paccagnini che lavorava allo Studio di Fonologia della Rai e teneva la cattedra di musica elettronica. Lì vi erano i nuovi strumenti, i sintetizzatori, il leggendario VCS3 che usavano allora i Pink Floyd, Brian Eno e i Roxy Music e Battiato era affascinato da quei suoni. In quel clima è nato Pollution che non si fermò al solo disco, intrapresi, era il 1973, uno dei tour più folli a cui ho partecipato”. “Ricordo che il palco veniva inondato letteralmente da queste luci strobo fortissime come il suono che usciva dai nostri strumenti. Era come andare in trance tanto che una volta gettai giù un organo hammond”. “Nello stesso periodo però andavo componendo le musiche del mio primo album, Sonanze, che dialogava con i tedeschi Tangerine Dream e Popol Vuh”. Ma, l’amicizia con Battiato non venne meno:”Assolutamente, la nostra era, mi piace dire che è ancora una vera amicizia. Allora non perdevamo un solo concerto di musica contemporanea. Alla Scala e alla Piccola Scala abbiamo ascoltato proprio tutti. Soprattutto Stochkausen. Le sue esecuzioni erano frequenti anche al Conservatorio. Ci influenzò tantissimo, addirittura Franco si iscrisse al concorso a suo nome con un brano pianistico e vinse. Clic glielo dedicò”.

Franco Battiato

“ANDAVAMO ALL’OUT OFF e al Banana Moon di Milano, al Convento Occupato a Roma, ci eravamo dati ad una musica radicale, d’avanguardia, alternativa, inascoltabile. Partecipammo pure alla scandalosa e leggendaria esibizione al Teatro Lirico di John Cage. Lì vi era tutta l’avanguardia musicale milanese”. Il percorso solistico intrapreso non impedì ai due di frequentarsi. Anzi:”Era uno scambio continuo, andammo insieme alla Biennale ad ascoltare i minimalisti, John Adams, Philip Glass, Terry Riley e la nostra musica ne fu colpita. Scoprimmo il nuovo teatro, Bob Wilson, Peter Brook”. “La nostra amicizia profonda e spirituale ci portava a condividere viaggi. Andammo in Egitto, sul Nilo, scoprimmo l’esoterismo sufi”. “Entrammo nei gruppi di Gurdjeff”. Nel raccontare, piccole storie, aneddoti, Cacciapaglia si interrompe più volte commosso per la perdita dell’amico:”Quando ci incontravamo diceva ecco che si vedono i due vulcani, l’Etna per lui e Vulcano per le origini siciliane di mia madre. Praticavamo alle 6 di mattina per telefono meditazioni yoga. Sperimentammo lui da Milo e io da uno studio della Rai la possibilità di fare musica insieme. Credo sia stata la prima volta che accadeva con un computer a far da tramite. Ho arrangiato Gioielli rubati, album di sue canzoni per Alice, ho prodotto Vox di Giuni Russo. Ho suonato in sue canzoni e lui cantato in miei brani, alcuni ancora inediti”. “Il battesimo di mia figlia Angelica nel cinema è stato grazie a lui in Perduto amor. “Dico che ha fatto un salto nella luce”. E nella musica:“Ha utilizzato la forma canzone, preesistente da secoli nella musica, con i suoi appelli all’etica e come un grande contenitore”.