In una famosa scena di Casablanca, Ilsa visita Rick nei suoi appartamenti privati. La donna è pronta a tutto pur di ottenere le lettere di transito che permetterebbero a lei e a suo marito, Victor, di imbarcarsi per Lisbona alla volta degli Stati Uniti. Dopo il confronto, durante il quale Ilsa arriva a minacciare Rick con una pistola, i due cedono al riaccendersi dei sentimenti e cadono l’uno nelle braccia dell’altra. I tre secondi e mezzo che seguono, nei quali una doppia dissolvenza mostra la torre di un faro per poi tornare su un Humphrey Bogart fumante e pensieroso, sono probabilmente tra i più dibattuti della storia del cinema. Cos’è successo davvero tra i due? In Leggere Lacan, Slavoj Žižek afferma che l’ambiguità è al servizio tanto della normatività del grande Altro quanto di quella che egli chiama la lascivia del Super-Io, fornendo due letture parallele adatte al rigido codice di produzione Hays, al quale tutte le pellicole di Hollywood dovevano sottostare all’epoca, come agli imperativi a volte osceni della jouissance.

Un distruttore di mondi
Meno ambiguo (ma non meno interessante dal punto di vista psicoanalitico) è Robert Coover, che nel racconto «You Must Remember This», riempie il vuoto narrativo del film di Curtiz con un’esilarante scena di pornografia funambolica decisamente sopra le righe. Di questa e di altre bizzarrie abbonda la raccolta di racconti La babysitter e altre storie (traduttori vari, NNE, pp. 410, € 20,00) uno scorcio sulla carriera di Coover che va dal 1962 al 2016. Nell’introduzione di Luca Pantarotto, Coover è definito «distruttore di mondi» e «quinto moschettiere» del postmoderno, insieme a John Barth, Donald Barthelme, Thomas Pynchon e William Gass: definizioni più che azzeccate per questo sperimentatore instancabile e iconoclasta sardonico. Tutti i caratteri metanarrativi, di autocoscienza e di ironico distacco dall’oggetto-letteratura generalmente associati alla stagione postmoderna si ritrovano in questi racconti, che forzano (e distruggono) senza alcuna remora i canoni e le convenzioni del realismo – l’autore stesso, non senza una nota di compiacimento, menziona Kafka come ispiratore del suo modo di trasposizione della realtà sulla pagina: non c’è da aspettarsi niente di buono , è chiaro, da un’affermazione del genere.

Come nel racconto che dà il titolo alla raccolta, «La babysitter» (tradotto da Luca Briasco) anche nel resto del libro c’è ben poco di prevedibile, a partire dall’intelligente scelta editoriale di affidare ciascuna prosa a un traduttore diverso, decisione che, oltre a allestire una parata di professionisti tra i migliori del settore, amplifica la babele di voci nelle quali Coover stesso si frammenta, sfilacciando le trame per poi riunirle inaspettatamente e disfarle di nuovo in un caleidoscopio divertito, spregiudicato e inarrestabile. Nel corso della sua carriera, l’autore si è dedicato praticamente a ogni genere e possibilità offerti dalla letteratura, decostruendoli e riadattandoli alla sua voce e ai suoi tempi: il western (Ghost Town), la satira politica (The Public Burning, The Cat in the Hat for President), il romanzo sportivo (The Universal Baseball Association, Inc.), il giallo (Gerald’s Party).

Il pregio notevole di questa raccolta è offrire una carrellata sulle diverse stagioni dello scrittore, che funziona egregiamente anche come introduzione alla sua produzione pressoché sconfinata per ampiezza e varietà. Nel racconto che dà il titolo alla raccolta, la storia è quella solo apparentemente banale, ma moltiplicata dai diversi piani narrativi, di una baby sitter che si occupa di due bambini capricciosi. Nell’«Ascensore» (tradotto da Monica Pareschi), la stessa tecnica è applicata a un grigio impiegato che potrebbe o non potrebbe scegliere di prendere un ascensore, che potrebbe o non potrebbe schiantarsi al suolo, entro le pareti del quale potrebbe o non potrebbe finalmente conquistare la collega dei suoi sogni. In «Enigma» (tradotto da Daniele A. Gewurz), attraverso una prospettiva logico-matematica sull’esempio del gruppo OuLiPo o di Una storia ingarbugliata di Lewis Carroll, si nasconde, per l’appunto, una prova enigmistica che il lettore deve risolvere per comprendere il finale della storia. C’è spazio anche per la revisione, la parodia e il deturpamento dissacrante di storie ormai fermamente depositate nell’immaginario: alcuni racconti si appropriano di favole tradizionali – Hansel e Gretel, Biancaneve, Il pifferaio di Hamelin, Riccioli d’oro e i tre orsi – dissezionandole e rivelandone in maniera spregiudicata i sottotesti morbosi, orrifici o erotici. Proprio l’erotismo sembra giocare un ruolo fondamentale nell’immaginazione di Coover, il quale tende però sempre a mostrare il lato più bizzarro e animalesco della sessualità in un attacco alla decenza che è anche una messa in crisi dei sempre vivi pudori puritani.

C’è un gusto diabolico nell’arte e nella tecnica di questo scrittore, che si traduce in un sensibile, perverso piacere da parte del lettore nell’ammirare l’ingegno e la spregiudicatezza con la quale si accanisce sulle sue storie, facendole a pezzi e correggendole in itinere, spesso negando loro coerenza o scioglimento e rivelando tutto quello che viene solitamente tenuto nascosto sotto la superficie tornita della pagina.

Se per Coover la letteratura è (anche) un gioco, questo gioco è tuttavia serissimo: il caos apparente nel quale molti di questi racconti sembrano scivolare, collassando su loro stessi per un eccesso di polifonia, di personaggi, di interventi autoriali a volte solenni a volte buffoneschi, è chiaramente l’opera di un maestro, un virtuoso della narrazione in grado di evocare, come il buffo ma terrificante protagonista del «Trucco del cappello» (tradotto da Serena Daniele), qualsiasi cosa attraversi la sua fantasia e di distruggerlo con la stessa disarmante facilità davanti allo sguardo scioccato del pubblico pagante.

Gratuite crudeltà
Formalista incendiario e discepolo anarchico di Propp, Coover è un orologiaio che si accosta al suo lavoro con lo spirito di un Dottor Frankenstein dalla hybris impunita, o, restando nell’ambito della mitologia statunitense, un imprevedibile trickster delle convenzioni letterarie, sempre pronto a portare scompiglio con l’eccesso di vitalità e lascivia che lo contraddistingue. Che sia per la spregiudicatezza, la tendenza a esplorare il lato oscuro dell’umanità (fatto di morte, decadenza e crudeltà più o meno gratuita), o per l’improvvisa e inaspettata evocazione di momenti autenticamente elegiaci e commoventi, questa raccolta non potrà che lasciare un’impronta indelebile in tutti coloro che si avvicinano all’opera di Coover per la prima volta – una prerogativa che spetta solo alla grande letteratura.