La pandemia ha colpito duro anche la ricca Arabia saudita. L’altro giorno l’82enne re Salman, rivolgendosi al consiglio consultivo della Shura, ha elencato i problemi più urgenti del paese sotto lo sguardo austero del figlio ed erede al trono Mohammed bin Salman (Mbs). Oltre a migliaia di contagiati e di morti, Riyadh da quasi un anno fa i conti con il calo delle esportazioni di petrolio. Il divario tra spesa pubblica ed entrate, ha spiegato, raggiungerà i 79,5 miliardi di dollari alla fine del 2020. A drenare risorse è anche la guerra in Yemen contro i ribelli sciiti Houthi voluta cinque anni fa da Mbs, «per spazzare via» gli alleati dell’Iran, che ha ucciso migliaia di civili e creato uno dei peggiori disastri umanitari del mondo.

 

Re Salman non ha mancato l’occasione per lanciare violenti attacchi all’Iran. Ha accusato Tehran di «sostenere il terrorismo» e di «alimentare il settarismo» nella regione. Parole interpretate da non pochi come una sorta di messaggio per il presidente eletto degli Stati uniti Joe Biden. Un modo per dirgli che il suo regno, alleato di ferro di Washington e acquirente principale delle industrie militari statunitensi, si attende che la futura Amministrazione Usa continui la politica di massima pressione sull’Iran svolta da Donald Trump. «Occorre trovare una soluzione radicale per garantire che l’Iran non acquisisca armi di distruzione di massa…l’Arabia saudita sottolinea il pericolo del progetto regionale del regime iraniano», ha tuonato.

 

Dopo quattro anni di abbracci, sorrisi e strette di mano con Trump e gli altri top player dell’Amministrazione uscente, Riyadh guarda con qualche preoccupazione al futuro delle relazioni con Washington. Non è a rischio l’alleanza strategica tra i due paesi. È assurdo persino immaginarlo. Tuttavia re Salman e l’ambizioso principe ereditario temono, e non poco, che Biden e il prossimo segretario di Stato riportino gli Usa nell’accordo sul programma nucleare iraniano firmato nel 2015 anche da Barack Obama e stracciato due anni fa da Trump. Le indicazioni che giungono dagli Usa vanno quella direzione, anche se il presidente eletto, si prevede, chiederà a Tehran di fare concessioni importanti in cambio della revoca di gran parte delle sanzioni varate dal 2018 in poi dalla Casa Bianca. Non meno preoccupante per i Saud è la probabile fine della protezione americana garantita da Trump a Mbs, accusato da parte del Congresso di essere il mandante dell’assassinio del giornalista del Washington Post, Jamal Khashoggi. Non sorprende perciò che re Salman, una settimana fa, abbia aspettato diverse ore per congratularsi con Joe Biden

 

La strada verso la possibile, tutta da verificare, diversa politica statunitense è lunga due mesi. Riyadh attende nei prossimi giorni il segretario di Stato uscente Mike Pompeo che nella sua ultima missione in Medio oriente discuterà con gli alleati israeliani e arabi di una raffica di nuove sanzioni contro l’Iran. E re Salman, come Netanyahu, spera in un ultimo «regalo» di Trump.