Milla Maxwell, una bionda con la chioma dalla lunghezza iperbolica, un ciuffo verde ribelle e gli occhi giganteschi dal colore difficilmente definibile che ricorda il carminio o il rosa scuro. Oppure Jude Mathis, un ragazzo esile dai capelli neri, le iridi castano-gialle e un abito che è la versione fantasy e nera di quelli indossati da Elvis nell’ultimo periodo della sua carriera. La donna non è un essere umano ma una divinità spirituale incarnata, il giovane invece è uno studente di medicina.

All’inizio dell’oceanico – considerata la vastità del suo orizzonte ludico e temporale – Tales of Xillia, un gioco di ruolo giapponese uscito per Playstation 3, dobbiamo decidere chi tra i due sarà il nostro personaggio principale. Non è una scelta facile, si rischia di trascorrere parecchi minuti prima di schiacciare il pulsante che determinerà chi sarà il protagonista, questo perché a seconda della scelta vivremo la storia principale dagli occhi dell’uno o dell’altra e si tratta di quasi cento ore di gioco.

Infine selezioniamo Milla, perché i protagonisti degli ultimi videogame della serie Tales Of sono sempre stati uomini; inoltre il carisma di Milla, la sua sensualità ascetica e selvaggia, sono irresistibili. Ciò non vuol dire che non avremo più a che fare con Jude, perché il ragazzo ci accompagnerà per tutta l’epopea e, salvo qualche differenza tra i filmati e durante alcuni rari momenti di gioco in cui i due sono divisi, le differenze non sono sostanziali.

Dopo l’amletica decisione i primi minuti di Tales of Xilla possono sembrare meno folgoranti di quelli del precedente Tales of Graces, le cui prime quindici ore di gioco sono dedicate all’infanzia dei personaggi. Tuttavia non è che un illusione, che può nascere dalla confusione che si prova balzando dentro la vita di Milla e Jude nel momento cruciale della loro esistenza e conoscendo così poco del loro passato. Poi la storia decolla colpendoci come un missile emotivo e senza che ce ne rendiamo conto siamo già naufragati in questo spessissimo tomo elettronico sulla «determinazione incrollabile» composto con amore e rigore. E sono già trascorse venti ore.

Siamo in un mondo dove spiriti e esseri umani convivono, in un rapporto benignamente parassitario. Ma Milla percepisce che qualcosa non va, qualcuno sta sfruttando spiriti e uomini per costruire una diabolica arma di distruzione. Così inizia un viaggio fatto di decine di avventure e storie in cui saremo accompagnati da altri indimenticabili personaggi come l’ambiguo mercenario Alvin che sembra il cantante degli Spandau Ballet, Leia l’infermiera ribelle e fuggitiva, Elize la bambina misteriosa con un curioso pupazzo parlante e infine Rowen, un anziano guerriero e stratega leggendario celatosi nei panni di un maggiordomo.

Il rapporto che si instaura tra il team di eroi è raccontato da numerose scene d’animazione e da centinaia di segmenti di dialogo che potrebbero riempire pagine e pagine di un libro. Giocare a Tales of Xillia, come ad altri episodi della saga, non è solo «videogiocare» ma è come leggere una lunga serie di manga o vedere decine di puntate di un anime, un’esperienza totalizzante per gli occhi, le dita e il cervello che sconvolge con la sua tragedia, ci esalta con la sua epica, ci fa ridere con la sua comica ironia, ci sfida con la sua difficoltà e ci commuove con il suo lirismo.

Il sistema di combattimento, diversamente da altri giochi del genere, verte sull’azione pura ricordando le dinamiche sfrenate del picchia-duro ma guai a trascurare la strategia e la meditazione per fare salire saggiamente di livello i personaggi, perché alcuni nemici non perdonano. È vero che si può abbassare la difficoltà degli scontri in qualsiasi momento ma un vero professionista del videogame non lo farebbe mai. La varietà dei nemici e la differenza del loro comportamento marziale, siano questi umani, mutanti o mostri, garantisce che le battaglie non siano mai noiose come non lo è mai l’esplorazione dei vastissimi ambienti ricchi di panorami stupefacenti e di sorprese. Il mondo di gioco è una meraviglia di colori e panorami, con spiagge rocciose i cui scogli si curvano come onde pietrificate, città lagunari sepolte da una notte perenne ma illuminate da una magica flora lucente, foreste labirintiche in cui vegetano contorti alberi immensi. E poi il cielo, quello visto in Tales of Xillia è uno dei più veri e pittorici mai ammirati in un videogame, con le sue nuvole che scorrono a strati, i suoi tramonti impossibili, i suoi milioni di stelle, i suoi crepuscoli che si sciolgono in tenui albe invece di cedere alla notte.

C’è chi considera i giochi di ruolo giapponesi una materia obsoleta e un’enciclopedia dei luoghi comuni della narrazione. Tales of Xillia dimostra come questo genere ludico sia una delle invenzioni più importanti della storia dei videogame e il più rivoluzionario. Una fusione di suoni, immagini, storie e coreografie che realizza in maniera nipponica e pop il sogno wagneriano di un’opera d’arte totale.