Chi e cosa hanno causato la morte del marocchino Alì, lo scorso 10 agosto nel Cie di Isola di Capo Rizzuto? Secondo i primi accertamenti disposti dalla procura di Crotone si sarebbe trattato di una cardiopatia. Ma né il medico legale né soprattutto i migranti rinchiusi nella struttura sono dello stesso avviso. E così dopo la rivolta scoppiata nella notte tra il 10 e l’11 agosto scorsi, ieri hanno occupato la statale Jonica per tutta la mattinata. «Misericordia? No grazie!!» e «Chiudere i Cie» erano alcuni tra i cartelli issati dal centinaio di immigrati che hanno bloccato il traffico. Perché nel corpo del migrante deceduto sono state riscontrate evidenti tracce di farmaci? C’è una responsabilità dei gestori del Centro?
È quanto si chiedono i nordafricani inferociti anche per la mostruosa disorganizzazione all’interno del Cie/Cara, che attualmente ospita quasi 1.500 persone, ovvero il numero massimo di posti disponibili. Gli immigrati lamentano tra l’altro le lungaggini della burocrazia che costringono ad accumulare in modo esponenziale le persone sbarcate nei centri. Nel frattempo resta chiuso, in quanto inagibile, il Cie, dopo la sommossa di una settimana fa. Il Campo S.Anna di Isola Capo Rizzuto, il più grande d’Europa, è stato aperto quindici anni orsono, in occasione dell’emergenza legata agli sbarchi degli albanesi. La struttura, gestita dalla Misericordia, presenta tante falle più volte stigmatizzate da attivisti e organizzazioni umanitarie. Con una decisione storica, lo scorso 12 dicembre il Tribunale di Crotone aveva sancito la legittimità della rivolta scoppiata nel Cie di Isola nell’ottobre del 2012 affermando, al contempo, la disumanità della struttura. Si trattò di una decisione emessa nell’ambito del processo in cui tre cittadini stranieri privi di permesso di soggiorno, barricati sul tetto per una decina di giorni, venivano accusati di danneggiamento e resistenza aggravata. Loro, come moltissimi altri, erano stati trattenuti in violazione della legge perché l’autorità non aveva rispettato i dettami della Direttiva 115 del 2008 che impone di motivare i provvedimenti di trattenimento e allo stesso tempo di prendere in considerazione l’adozione di misure «graduali» nei confronti di chi si trova in Italia senza un titolo di soggiorno valido. In buona sostanza questura e prefettura, come accade nella stragrande maggioranza dei casi e molto spesso anche senza che vengano rispettati i tempi per la convalida della privazione della libertà personale da parte del giudice, avevano disposto «in automatico» la detenzione nel Cie.
Privati di uno dei diritti umani fondamentali, la libertà personale, da parte di un apparato dello stato, gli stranieri avevano dunque agito, scrivono i giudici crotonesi, «per difendere questo loro diritto». Le condizioni lesive della dignità umana in cui erano costretti a vivere all’interno della struttura di Crotone rappresentavano anch’essi un’ulteriore violazione dei loro diritti: materassi e coperte sporchi, servizi igienici «luridi», pasti consumati senza sedie né tavoli, sono «condizioni al limite della decenza». Per questo insomma il giudice di Crotone aveva ritenuto che la reazione dei tre fosse stata proporzionata alla violazione subita e che per tutti questi motivi dovesse essere ascritta nell’ambito della legittima difesa di un bene, quello della libertà personale, che non può essere messo a confronto con i beni che gli stessi avrebbero danneggiato.
Nonostante lo scandalo conclamato del Cie di Isola di Capo Rizzuto, il campo però non è mai stato chiuso. Anzi l’appalto milionario è stato rinnovato nella scorsa primavera sempre alla Misericordia. Un’organizzazione potente, guidata da Leonardo Sacco e che ha come padre spirituale don Edoardo Scordio, il parroco rosminiano (e anticomunista) capace in un ventennio di costruire una vera e propria holding spirituale qui sulle rive dello Jonio. La Misericordia di Isola gode di numerosi appoggi nei palazzi che contano. Lo dimostra la prestigiosa firma del ministro di Grazia e Giustizia, Anna Maria Cancellieri, al book fotografico per il decennale della Confraternita, e l’elezione (ottenuta al primo turno con un consenso schiacciante) del neosindaco di Isola, Gianluca Bruno, che per molti anni lavorò al S. Anna. «È importante aprire con il Viminale, che si occupa di queste situazioni, un fronte di discussione. Isola Capo Rizzuto non deve essere visto come un caso locale ma nazionale» ha detto il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge, durante la sua visita in Calabria (ieri a Riace, oggi a Cosenza e Acquaformosa). Perché il ministro non organizza una visita a sorpresa al S.Anna e mette la parola fine una volta per tutte a questo scempio per i diritti umani?