Si assottiglia sempre di più il sostegno a Trump. A tre mesi dal voto 50 ex alti funzionari ed esperti di sicurezza e politica estera, tutti di area repubblicana, hanno pubblicato sul New York Times, motivandola, la dichiarazione che non voteranno per Trump. «Sappiamo quali sono le qualità richieste a un presidente Usa» e hanno elencato le doti che un presidente dovrebbe avere e che a Trump difettano: carattere, valori, esperienza. «A differenza di altri presidenti che avevano un’esperienza limitata di politica estera, Trump non ha mostrato alcun interesse a prepararsi nelle cose del mondo – si legge sul quotidiano -, continua a fare sfoggio di un’ignoranza allarmante sui fatti fondamentali della politica internazionale contemporanea. La sua elezione metterebbe a rischio la sicurezza nazionale del paese e il suo benessere».

Ancora, secondo i firmatari, Trump «indebolisce l’autorità morale degli Stati Uniti come leader del mondo libero, sembra che gli manchi la conoscenza fondamentale e il credere nella Costituzione degli Stati Uniti, nelle leggi americane, nelle istituzioni americane, nella tolleranza religiosa, nella libertà di stampa e nell’indipendenza della magistratura. Incapace di tollerare le critiche personali ha allarmato i nostri alleati più stretti a causa del suo comportamento capriccioso. È pericoloso in un individuo che vorrebbe diventare presidente e comandante in capo, con la responsabilità dell’arsenale nucleare americano».

Tra i firmatari della lettera ci sono quelli che Trump ha definito una «élite fallita» di Washington alla disperata ricerca di aggrapparsi al potere, vale a dire ex funzionari del dipartimento di Stato come Eliot Cohen e Philip Zelikow, l’ex direttore della Cia Michael Hayden, gli ex segretari alla Sicurezza interna Michael Chertoff e Tom Ridge, gli ex rappresentanti per il commercio Carla Hills e Robert Zoellick.

Si tratta del cuore del partito repubblicano, quello di una volta, con dei valori solidamente ancorati al conservatorismo ma che di certo non passavano per il razzismo, e che più di tutto danno per scontata una preparazione politica profonda per le questioni internazionali e interne.
A questi 50 si è aggiunta poi Susan Collins, senatrice repubblicana del Maine, anche lei tramite stampa, con una lettera aperta pubblicata dal Washington Post, dove ha spiegato che per lei Trump «non incarna gli storici valori repubblicani né l’approccio inclusivo al governo necessario a sanare le divisioni nel nostro paese».

Per Collins, Trump dimostra e continua dimostrare «disprezzo della massima che prescrive di trattare gli altri con rispetto, un’idea che dovrebbe trascendere la politica. Invece sceglie la presa in giro dei più vulnerabili e l’esaltazione dei pregiudizi attaccando le minoranze etniche e religiose». La senatrice finisce poi dichiarando quello che in molti avevano sperato, e che hanno cercato di vedere fino all’ultimo, cioè «che avremmo visto un nuovo Donald Trump» in veste di candidato per le elezioni generali, il famoso Trump presidenziale che d’improvviso sarebbe uscito dal cappello magico dopo aver corso le primarie con gli scarponi militari ma al solo fine di catturare un vasto elettorato.

«Uno che si sarebbe concentrato su lavoro ed economia – continua la senatrice del Maine – e che avrebbe abbassato i toni della retorica, promosso politiche più ragionate e si sarebbe scusato per le dichiarazioni sanguigne. Ma la spiacevole realtà che devo accettare è che non ci sarà nessun nuovo Donald Trump – conclude Susan Collins – Purtroppo la sua indole sembra consolidata e non sembra capace di affrontare cambiamenti o una crescita».