Il matrimonio tra una lesbica e un gay può durare una vita? Cosa ne penseranno i figli quando verranno a saperlo? E la società di quel dato tempo e quel dato luogo in cui l’insolito romanzo coniugale si è occultato o esibito, lo giustificherà o lo condannerà? Da secoli l’upper class inglese ha sperimentato varie combinazioni matrimoniali: a tre o quattro membri o più, per la rapida successione dei singoli più deboli (le mogli). Enrico VIII ne aveva offerto un paradigma inimitabile che passò alla storia.
Due parti del diario materno
È passato invece alla letteratura il romanzesco ed esemplare matrimonio indissolubile di Vita Sackville West e Harold Nicolson (quarantanove anni insieme), entrambi scrittori: di storia e letteratura lui (quaranta titoli) e di tutto lei, dal giardinaggio alla poesia, fra cui l’interessante Passenger to Teheran (1926). È stato il figlio Nigel a raccontare con una sapiente combinazione di due parti del diario materno, scritte in preda alla crisi che sconvolgerà per sempre la sua vita, la cronaca pazza di quella passione lesbica, esplosa dopo quattro anni e due figli trascorsi in felice sintonia col giovane marito, un omosessuale tranquillo e dedito alla famiglia. Alla voce a volte disperata di Vita rispondono le lettere tenere e avvolgenti di Harold, abile diplomatico, mentre nello sfondo si agita confusamente il pittoresco mondo della aristocratica famiglia di lei, dominato dalla figura materna, l’eccentrica Lady Sackville West con il suo seguito di cavalier serventi, processi, drastiche rotture … Il tumulto della Grande Guerra non arriva a Knole, non invade le trecentosessantacinque stanze e le cinquanta scale della dimora avita. Nigel Nicolson, Ritratto di un matrimonio riproposto da Lindau (pp. 290, € 23,00) nella traduzione di Pier Francesco Paolini, la stessa della prima edizione Rizzoli del 1974, ancora oggi ci intriga.
Vita aveva previsto che in futuro la sua natura, che allora chiamò «duale» – una doppia personalità psichica e sessuale femminile e maschile, «androgina» secondo il termine preferito da Virginia Woolf – sarebbe stata compresa e accettata. «Il primo passo verrà compiuto ammettendo apertamente la realtà di relazioni, per quanto illecite, normali; facilitando il divorzio; e anche, possibilmente, riformando l’ordinamento del matrimonio. Tali progressi dovranno, di necessità, esser compiuti dalle classi più colte e liberali», – il popolo, si sa, è meno disinvolto in queste faccende, e tende al grandguignol. In una lettera a Harold aggiungeva : «Le donne dovrebbero essere libere al pari degli uomini, da giovani. L’attuale sistema è marcio e ridicolo … Le donne, al pari degli uomini, dovrebbero fare una tal indigestione di libertà da giovani, da quasi odiarla poi, la libertà». I rituali epistolari avevano sostituito quelli sessuali, ma Vita si permetteva qualche monito affettuoso: «Per favore, non innamorarti troppo del signor Jebb. Non mi importa con chi vai a letto, fino a che il tuo cuore sarà mio! Veramente non me ne importa niente, se alla fine sarai mio». Harold curava i due figli, Ben e Nigel; disegnava i giardini di Long Barn e Sissinghurst, per cui Vita si prese le lodi; scalava una bella carriera al Foreign Office. Dopo il tempestoso affair con Violet Trefusis, che durò dal ’18 al ’21, e costrinse i due relativi mariti a volare ad Amiens per ricondurre a casa le due smemorate, Vita continuò i suoi liberi amori con donne (in maggioranza) e uomini, sedotti sul prestigioso e cigolante letto di Carlo II – secondo il racconto di Violet in Broderie anglaise del 1935.
Ardite complicazioni sessuali
Poiché tutti loro scrivevano (e bene) lettere, romanzi, diari, e tutti miravano a soddisfare il bisogno primario del proprio narcisismo, da quelle pagine si leva lo Spirito di un Tempo perduto, iridescente, audace, blasé: ardite complicazioni sessuali, uomini di eccezionale intelligenza, donne di seduzione inimmaginabile. Vita aveva catturato nella sua rete quel «grande pesce dorato» di Virginia Woolf, che così la descrisse: «È un granatiere, dura, bella, virile …», e poi: «Mi piace, starci assieme, il suo splendore – brilla nella bottega del droghiere di Sevenoaks, irradia luce come candela accesa, incedendo su gambe simili a betulle…». E per lei inventerà il famoso Orlando. Virginia è gelosa di Violet, la prima amante di Vita. «Ancora me la ricordo, un cucciolo di volpe, tutta profumo e seduzione … Che voce – blesa, rotta, che calore, finezza a modo suo non mio». E di rimando Violet su Virginia: «… i capelli nostalgici, le mani medievali, l’espressione timida, e la borsetta che finiva sempre per somigliare a un pollo mezzo spennato. La vaghezza, o meglio la mollezza degli abiti conferiva ai suoi movimenti un’ondulazione da anemone di mare. Era fluida ed elusiva; una pianta di elodea, un soffio di fumo». Sarà gossip, ma indimenticabile.