Poche, pochissime proteste di piazza negli Stati uniti, il giorno in cui il killer 17enne Kyle Rittenhouse è stato assolto per i due manifestanti antirazzisti che ha ucciso e quello che ha ferito lo scorso agosto al corteo antirazzista di Kenosha, Wisconsin.

Duecento persone hanno manifestato a Portland, Oregon: è la riserva naturale del movimento antifa, dove i turbolenti cortei dopo l’omicidio di George Floyd erano durati mesi. L’altra sera circa 200 persone hanno raggiunto il centro della città, sfasciando qualche vetrina e lanciando oggetti contro la polizia, che non ha nemmeno caricato: prima di mezzanotte era finito tutto.

POI UN CORTEO a New York, qualche centinaio di persone ha marciato a Brooklyn, bloccando il famosissimo ponte per qualche minuto. A Oakland, California una micro-folla di forse cento persone ha marciato e gridato brevemente dal municipio al palazzo federale.

Un gruppetto di manifestanti si è visto nel centro di Chicago. Nella stessa Kenosha, la cittadina che ha visto consumarsi gli omicidi e l’assoluzione del loro autore, poche proteste sparse e (si dice) un arresto. Ed è più o meno tutto.

Potenza del presidente Joe Biden e dell’invito fatto in serata dalla Casa Bianca a «manifestare pacificamente le proprie opinioni», anche se «il verdetto lascerà molti americani arrabbiati, me compreso»?

C’è da dubitarne. Il fatto è che l’altro giorno a Kenosha si è aperta ufficialmente la stagione della caccia al manifestante progressista, specie già piuttosto rara e soggetta a forti cali di stagione, sia politica che meteorologica.

È legale per un minorenne farsi portare da mamma in un altro stato, recuperare di passaggio la versione civile del fucile d’assalto dell’esercito americano, imbrancarsi con gruppi di miliziani adulti armati come o meglio te, concordare linee di fuoco e spazi di copertura, attendere il passo dei manifestanti, quindi aprire il fuoco, ammazzarne due e ferirne un terzo, essere protetto e ringraziato dalla polizia e infine andare assolto, con il solo danno della fragorosa capocciata che il giovane Rittenhouse si è inflitto collassando faccia sul tavolo alla lettura del verdetto.

Perché è successo esattamente questo a Kenosha, Wisconsin tra il 25 agosto 2020 e il 19 novembre 2021, tutto documentato su video. Da ieri, negli Stati uniti, andare a una manifestazione antirazzista è un rischio mortale, e per le decine di migliaia di miliziani delle varie destre armate americane è iniziato il carnevale.

Ogni analista legale americano ha concordato che la chiave è la open carry law, la legge che permette di portare armi apertamente dove ti pare (c’è qualche eccezione per i dintorni delle scuole). Se andare visibilmente armati a una manifestazione non è reato, ciò che segue non è colpa tua.

E se hai «ragionevoli dubbi» sulla tua sicurezza, premere il grilletto è un’opzione legale: è l’accusa a dover dimostrare che non avevi paura. Gli stati che hanno leggi open carry sulle armi cominciano con Alabama, Alaska, Arizona e finiscono con West Virginia, Wisconsin e Wyoming: sono 31 con libertà assoluta, e altri con restrizioni.

«VOLEVA DARMI lo skateboard sulla testa, ho dovuto sparargli»: si è difeso più o meno così Kyle Rittenhouse per aver colpito a morte Anthony Huber, 26 anni. Anthony, che è andato all’assalto di un uomo armato di Ar-15… con uno skateboard.

Il fatto che tutti i manifestanti e specie gli odiatissimi antifa siano violenti – e quindi sparabili – è stato martellato nelle teste americane più volte al giorno dall’ex presidente Trump e da ogni media a lui vicino, da Reddit a quella Fox Tv che ha piazzato il suo anchor più sfacciato, Tucker Carlson, dentro la difesa di Kyle Rittenhouse, proprio embedded come i giornalisti con le truppe americane.

E proprio a Fox, Kyle ha affidato le sue prime parole: «Verdetto giusto, l’autodifesa non è illegale». Presto il documentario in prima serata, il baby killer è ormai un modello per suprematisti come i Proud Boys che hanno inondato i social di giubilo, e le destre di ogni tipo che gridano «Kyle for Congress» come il repubblicano della Florida Anthony Sabatini.

C’è una guerra, negli Stati uniti? Certo c’è qualcuno che agisce come se ci fosse.