Nel romanzo Kotlovan di Andrei Platonov, tradotto in Italia prima con il titolo Nel grande cantiere (Il Saggiatore, 1969) e poi Lo sterro (Marsilio, 1993), un gruppo di manovali è impegnato nello scavo delle fondamenta per la costruzione di una grande casa collettiva: la loro fatica nel fango diventa il simbolo di un popolo disperatamente in lotta per mettere in salvo verità, giustizia e felicità.
Alla Berlinale 70, nella sezione Panorama, il regista russo Andrey Gryazev ha presentato un documentario intitolato per l’appunto Kotlovan in cui si parte da quella stessa immagine tragica di un popolo che sprofonda nel fango per raccontare la Russia contemporanea. Si tratta di un film di montaggio nel cui prologo una serie di annunci della televisione di stato danno conto di cantieri che crollano, scavatrici che sprofondano, argini e fondamenta che cedono. Le immagini incredibili degli incidenti collidono con la grafica posticcia dei lanci televisivi e il look delle giornaliste tirate a lucido.

IL RESTO dell’opera è il ritratto tragicomico di un paese in ginocchio che si rivolge al presidente Putin tramite video postati su piattaforme come YouTube perché risolva problemi di ogni tipo: dalla manutenzione delle strade alla pensione d’invalidità che tarda ad arrivare, dal vandalismo alla mancanza di lavoro.
Il regista ha spiegato: «Su YouTube si trova un’immensa quantità di video con richieste, preghiere, invettive, accuse verso Putin. È stato difficile scegliere e montare queste immagini, particolarmente interessanti perché la popolazione si esprime in modo indipendente. Inizialmente mi sono trovato con una selezione di ottanta ore di video che ho ridotto a tre ore e mezza per poi giungere a un’ulteriore sintesi».

IL RISULTATO è una specie di valanga surreale di disperazione e speranza espresse singolarmente o in gruppo da persone di ogni tipo e di ogni età e provenienti dai quattro angoli della Russia, dalle campagne alle grandi città. C’è chi ha fiducia nel presidente onnipotente e chi esprime una collera profonda, la vittima di violenza domestica con il viso tumefatto e la contadina che minaccia di dar fuoco alla terra da cui non riesce a ottenere frutti, l’insegnante che non riceve lo stipendio e il veterano di guerra che non sa come sbarcare il lunario. Ci sono fabbriche che chiudono e intere comunità minacciate da discariche di rifiuti chimici. Da questo coro di voci diverse emerge il ritratto di un paese enorme in cui metà della popolazione non riesce ad avere il gas per scaldare scuole e ospedali e tanto meno le abitazioni.

Gryazev, che conduce una doppia vita e ha una doppia identità di regista da una parte e di allenatore di pattinaggio artistico dall’altra, ha spiegato: «Lavorando su questi materiali sentivo di sprofondare in una specie di pozzo senza fondo. Ho scelto dunque di partire dall’immagine delle fondamenta che crollano e dall’intuizione di Platonov come sintesi visiva di questa sofferenza. Le persone che decidono di postare questi video di solito le hanno provate tutte, si sono rivolte a tutte le autorità, hanno seguito la trafila ufficiale e in ultima istanza ricorrono a questa piattaforma perché non hanno ottenuto risultati, per disperazione. Ognuna delle storie che questi video raccontano avrebbe meritato un film a sé, quindi ho scelto di rimuovere i dettagli delle singole vicende e delle identità individuali in modo da concentrarmi sulle emozioni. Mi ci sono voluti due mesi, ventiquattro ore al giorno e sette giorni alla settimana per venirne a capo, montare tutto con una struttura».

MOLTI di questi video non sono neppure più online perché rimossi quindi Kotlovan è come un archivio che conserva l’immagine scomoda di un paese in difficoltà ma che veicola anche l’importanza di unirsi e riconoscersi reciprocamente in una comune sofferenza per contrastare l’isolamento. Tutto il contrario del divide et impera e della retorica muscolare veicolata dalle alte sfere.