Esce il 21 gennaio nelle sale italiane, distribuito da Cinema di Valerio De Paolis, Desde allá, il film del venezuelano Lorenzo Vigas, vincitore dell’ultima Mostra del Cinema a Venezia. Il titolo scelto, «Ti guardo», rende poco quello originale che allude invece non solo agli sguardi che tessono la storia, ma anche ad una geografia sociale e sentimentale dove i punti di vista e di partenza sono sempre lontanissimi. È il primo Leone d’oro vinto da un film latinoamericano a Venezia ed è un’opera prima. Classe 1967 e figlio di Oswaldo, un famoso artista venezuelano, Lorenzo Vigas ha una traiettoria curiosa: biologo molecolare, ha studiato cinema a New York e ha alle spalle solo un cortometraggio pur di successo, Los elefantes no olvidan. Ora che il Venezuela sta vivendo una crisi economica drammatica e un terremoto politico (che ha visto per la prima volta il chavismo sbaragliato dall’opposizione nelle elezioni parlamentari di dicembre), Desde allá assume quasi un valore di documento. E trascina davvero lo spettatore tra le strade di Caracas e nelle viscere della società venezuelana. Lui stesso, alla consegna del premio al Lido, ha dedicato il Leone al suo Paese, convinto che «si troverà un modo per dialogare e riconciliarsi». Ma Vigas non si spinge oltre, dallo scontro politico se ne sta molto alla larga. Desde allá è una storia di cortocircuiti. Armando (interpretato magistralmente dal cileno Alfredo Castro) è un odontotecnico di mezza età che cerca ragazzi per strada e li paga solo per guardarli, non vuole assolutamente essere toccato. Elder, uno di loro (Luis Silva, al suo esordio) dopo una prima reazione violenta, inizia a legarsi a lui sempre di più. Li divide tutto, fuorché la comune assenza del padre, che poi è un topos dell’idiosincrasia venezuelana. «Perché questo non è tanto un film su una relazione omosessuale – ci dice Lorenzo Vigas – Quanto sull’incontro e lo scontro di due classi sociali». L’attrazione e la repulsione di classe. Il rancore perpetuo che alimenta la società venezuelana prende corpo nella relazione struggente e micidiale tra i due ed è messa in piega visivamente tra le strade violente dei barrios, negli impeccabili grattacieli finanziari fino al lusso delle ville upper-class.
«Desde allá» si può leggere come un ritratto urbano e sociale di Caracas?
Lo definirei un ritratto emotivo. La città nel film fa parte delle emozioni dei suoi abitanti. È un’emozione in più. È qualcosa di sempre presente nelle immagini. Per renderlo al meglio, abbiamo girato in modo molto mimetico. Senza essere invasivi, senza chiudere le strade, a volte nascondendoci. Volevamo la gente di Caracas fin dentro la pellicola e puntavamo a catturare l’energia della città.
I personaggi sembrano tutti analfabeti emotivi. Li usa anche come metafora del paese?
Sì, assolutamente. È un paese molto fisico, dove tutti afferrano gli altri, ci si tocca, ci si spinge, ci si stringe. Il personaggio principale invece non si lascia toccare, non ha alcuna relazione con le persone. Lo sconcerto che provocano questi due atteggiamenti è esattamente la metafora della situazione che vive oggi il mio paese.
Lei vive molto in Messico. Come le appare il suo paese quando ci ritorna?
È una sensazione molto forte. Quando sono in Venezuela ci si abitua a situazioni molto tristi, fin dalle piccole cose, come dover metterti in coda per ore per poter comprare persino lo shampoo. Quando esci ti rendi conto quanto oggi sia una realtà aliena. Il Messico ha enormi problemi, tutti in Latino America condividiamo situazioni difficili, ma quello che si vive in Venezuela mi colpisce molto.
Alfredo Castro è cileno, Guillermo Arriaga (il co-produttore) è messicano: quanto l’hanno aiutata i loro sguardi esterni?
Non mi hanno influenzato tanto come regista, ma mi hanno aiutato a organizzare il materiale e a mettere a fuoco un mio personale sguardo. Sono entrambi ottimi amici e abbiamo condiviso un lavoro di equipe. Sono persone con cui condivido una visione sul mondo e sulla vita. Perché alla fine il cinema non è che il riflesso del mondo e della vita. Ma la visione sulla storia è intimamente mia.
Negli ultimi 15 anni l’arte contemporanea in Venezuela, pur avendo straordinari artisti, è rimasta ai margini dell’interesse dello Stato e con un mercato poco curioso. Cos’è successo invece con il cinema?
Nel caso del cinema c’è stato un buon appoggio, grazie ad una istituzione che è autonoma, il Cenac, il Centro Nacional Autónomo de Cinematografía. La legge sul cinema riconosce vantaggi fiscali alle imprese private e audiovisive che vogliano investire nella produzione di progetti cinematografici. E così è stato anche per la mia pellicola. Ma il vero successo del Cenac sta soprattutto nell’autonomia che il presidente Juan Carlos Lozada è riuscito a garantire.
«Desde allá» verrà proiettato in Venezuela? Che reazioni ci saranno?
Dopo un tour in alcuni festival importanti, come Toronto e San Sebastian arriverà nelle sale anche in Venezuela. Quanto alle reazioni, sono sicuro che saranno molto diverse, di rifiuto e di ammirazione. Sono cosciente di aver toccato temi forti dal punto di vista sociale, politico, economico. Ci saranno reazioni di tutti i tipi. D’altronde non l’ho fatto perché piacesse a tutti, ma per aprire una discussione.