Porte che si aprono, porte che si chiudono, il fumo denso di molte sigarette, mettere e togliere i piatti dalla tavola, la frase ripetuta come un mantra di fare piano, di non svegliare la piccolina anche quando i toni diventano cattivi e le parole picchiano come schiaffi. Il nuovo film di Cristi Puiu (Aurora), tra i cineasti nella nuova generazione del cinema rumeno più coccolati dalla Croisette – – si chiama Sieranevada, un titolo senza alcun legame con quello che racconta ma come spiega l’autore, è stato proprio il suo aspetto surreale a farglielo scegliere.

E surreale appare anche quanto accade durante la commemorazione del padre morto un anno prima nella famiglia che ne è protagonista. Un microcosmo frenetico di omissioni indigeste e tradimenti nel quale Puiu riflette, come nel grande specchio al centro della stanza da pranzo, l’intera società rumena devastata dall’ipocrisia della rivoluzione e del dopo Ceausescu.

L’idea non è «nuova» – del resto:non è la famiglia la base della funzione sociale? La sfera pubblica si è sgretolata nell’accumulo di menzogne «consapevoli» ignorate per opportunismo proprio come accade nei rapporti tra i personaggi, la coppia per prima ma anche genitori e figli, fratelli e sorelle, tutti complici, tutti in silenzio, tutti con le proprie certezze e dubbi inespressi: il prete, il militare, l’anziana dirigente comunista di partito col suo cappello di zibellino che litiga con la giovane donna fervente religiosa del dopo Ceausescu, il ragazzo che in internet trova la verità assoluta, sia questa sull’11 settembre o sul caos mondiale.

Anche se il punto di vista è affidato al maggiore dei fratelli, il medico stimato e un po’invidiato che svelerà la sua inadeguatezza nelle piccole cose – comprare il vestito giusto alla figlia per la recita scolastica – e in quelle «importanti».

Puiu dilata il tempo, i gesti si ripetono, l’esterno di Bucarest è malato e isterico come i suoi interni. La macchina da presa, al centro dell’appartamento, trascina il nostro sguardo in questo movimento estenuante e brutale e quella che è una figura narrativa «classica» – famiglia e società – diviene la materia su cui esercitare il dispositivo di una messinscena compiaciuta fino a soffocare se stessa.